Levante: l'energia e la bellezza di stare insieme
Ci sono vari momenti, a Genova, al Politeama Genovese, in una delle ultime date del suo tour teatrale, che fotografano il momento artistico e umano che sta vivendo Levante, che è tornata a splendere, dopo un periodo difficile raccontato anche in “Levante Ventitré”, nel solo luogo, "casa sua", in cui poteva definitivamente riaprire le ali senza pesi addosso: il palco. Uno di questi è, senz’altro, quando decide di scendere nel cuore della platea e cantare in acustico, accompagnata da una chitarra, senza microfono, ma con la sola forza della sua voce dai diversi colori, un pezzo come “Abbi cura di te”, tratto dal suo secondo album del 2015: “Ovunque andrai abbi cura di te. Cura dei tuoi guai. Io ti ricorderò tra i miei desideri e i sogni che la notte porta e il giorno non cancella mai…”, canta la cantautrice siciliana creando un’intensità emotiva talmente forte da portare diverse persone a commuoversi.
E anche a lei, sull’onda di quell’istante di purezza, vengono gli occhi lucidi. Al termine della canzone tutti balzano in piedi, abbandonano le sedie rosse, e le tributano una standing ovation, chissenefrega se il concerto è iniziato da non molto, questo perché si ha la netta sensazione di aver vissuto qualche cosa di prezioso e di averlo vissuto insieme. È in quell’“insieme” che, oggi più che mai, Levante naviga magnetica, libera, tecnicamente ineccepibile, anche grazie all'ottima band che la accompagna: cerca gli sguardi del pubblico, si allunga con il corpo, se potesse abbraccerebbe tutti, scende altre volte tra i fan, il tutto creando, fisicamente e mentalmente, un ponte tra lei e chi l’ascolta, proprio come fanno i grandi della musica cavalcando una ritualità, il primo nome che passa per la testa è Nick Cave. Il suo legame con chi la segue è sempre stato profondo, ma al giro di boa dei dieci anni di carriera, con la consapevolezza sempre maggiore che il vero collante sono le canzoni capaci di restare, proprio in un periodo storico in cui la musica è liquida e passeggera, quell’unione porta con sé qualche cosa di mistico.
Non è un caso, forse, che a molti artisti piaccia definire le canzoni come “grandi misteri”. Quello tra Levante e il suo pubblico è in sostanza uno scambio di doni. Poi c’è un altro momento che racconta molto della Levante di oggi: quando decide di cantare “Non stai bene”, il pezzo di apertura del suo album d’esordio “Manuale distruzione”, quello che le ha cambiato la vita, facendola uscire dal bar di Torino in cui lavorava per inseguire i suoi sogni e che ha compiuto dieci anni. Si tratta di una canzone in cui il dolore viene guardato in faccia. “Fu un disco che scrissi in solitudine, dove c’è molto 'io', e che ho deciso di aprire a tanti amici”, spiega. Eccola lì, di nuovo, la condivisione. Il 23 maggio uscirà “Manuale distruzione - 10 anni dopo” con tantissimi feat ad allargare i confini di quel progetto.
Viene in mente una frase pronunciata recentemente da Gino Paoli, durante la presentazione del suo libro “Che cosa farò da grande – i miei primi 90 anni” al Salone del Libro di Torino: “La meraviglia del cantare è nella possibilità di condividere la propria solitudine con altre solitudini con il risultato che tutti ci possiamo sentire meno soli”. L’ultima parte di live con “Invincibile”, “Andrà tutto bene”, “Non me ne frega niente”, “Vertigine”, “Alfonso”, “Lo stretto necessario”, “Tikibombom”, “Vivo” e la bellissima “Mi manchi”, è come se fosse un greatest hits. “Mi manchi” canta l’assenza. E tutti, in qualche modo proiettano un’immagine tra le pieghe di quelle parole. C’è una verità, anche dolorosa, di nuovo, da condividere. Levante e Claudia coincidono, da sempre. Non c’è trucco, non c’è inganno. E il suo pubblico è sempre lì per questo.