Anthony Kiedis: “Aprire per i Rolling Stones? Un lavoro di merda”
Aprire un concerto dei Rolling Stones non è mai stato e non sarà mai facile. I motivi sono molteplici: Anthony Kiedis, voce dei Red Hot Chili Peppers, nella sua bellissima biografia “Scar Tissue”, uscita per la prima volta nel 2005 e ristampata in innumerevoli occasioni sull’onda del grande successo che ha raccolto, prova a spiegare il perché fare da spalla a Mick Jagger e soci sia uno sporco lavoro, o meglio testualmente a pagina 323 dell’edizione Mondadori, “un lavoro di merda, che non consiglio a nessuno”. Ovviamente nel racconto c’è tanta verità, ma anche altrettanta ironia, in pieno stile Kiedis: la voce di “Californication”, in realtà, oggi è un estimatore degli Stones, nonostante non sia mai stato un grande fan della loro musica. E questo, per l’appunto, non gli impedisce nel libro di spiegare in modo colorito il perché di alcune considerazioni irriverenti e spregiudicate. Tutto inoltre va contestualizzato: i Red Hot oggi sono una band che ha scritto pagine importanti della musica rock, ai tempi stavano ancora scalando la vetta ed è quindi comprensibile come alcune visioni possano essere mutate.
Ma veniamo ai fatti e all’aneddoto. Siamo a metà anni ’90, i Red Hot, dopo la prima uscita dal gruppo di John Frusciante, sostituito dal chitarrista Dave Navarro, stanno lavorando e prendendo parte alle registrazioni dell’album “One Hot Minute”, in uscita nel 1995. In questo periodo la band californiana continua a suonare dal vivo, fanno un tour in America, alcune apparizioni ai festival in Europa e magicamente vengono chiamati dai Rolling Stones come apertura del loro concerto al Rose Bowl di Pasadena dell’ottobre 1994. “Ti fanno questa proposta e tu pensi: ‘sono il secondo gruppo rock più importante della storia dopo i Beatles, perciò suonando con loro dovremmo sfiorare la storia' – scrive con un probabile ghigno Kiedis – ma il fatto è che oggi il pubblico degli Stones è formato da avvocati, medici, commercialisti e consulenti. È un gruppo conservatore e ricco”. Poi prosegue: “Tutto lo show è pensato, montato e preparato per gli Stones e tu vieni messo in un angolo. Mi hanno detto: ‘ok ragazzi, potete muovervi tra qui e qui e mi raccomando non calpestate il pavimento di legno di tek dove balla Mick’. Tu in sostanza fai il concerto mentre ottantacinquemila fan facoltosi, annoiati e fuori moda, stanno prendendo posto. Nessuno presta attenzione. Noi eravamo la musica di accompagnamento, il sottofondo per sedersi, prendere gli snack, comprare i vestiti. Un incubo”.