Venerus in concerto si conferma un fuoriclasse assoluto
Quando i fari si spengono, sul palco si presenta un uomo che ha tutta l’aria di essere un backliner: fa per sistemare qualche cavo qui e là, controlla che tutto sia okay, poi però si toglie la parrucca e comincia a suonare. Venerus si presenta così, davanti al suo pubblico. Lo si intuisce subito: sarà una notte ricca di musica, ma anche di ebbrezza. Benvenuti - oppure bentornati, se eravate già passati per questi lidi - nel magico mondo di Andrea Venerus, dove tutto è possibile: “Pensiamo che la musica sia una cosa vera e proviamo a portarla in giro porta a porta, perché è così che si fa”, sorride il 30enne musicista milanese al migliaio di ragazzi radunati sui gradoni della Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, dove ieri sera ha fatto tappa con il tour legato al suo nuovo album “Il segreto”, appena uscito. Una nuova occasione per entrare nel mondo dell’artista, che con la sua musica si rivela al pubblico coinvolgendolo in un’esperienza sempre diversa.
“Oggi mostro tutte le facce che ho, giuro”, promette Venerus. E sin dalla prima canzone in scaletta, “Istruzioni”, un titolo che suona come una dichiarazione di intenti (“Ho scritto queste istruzioni solo per farti sorridere”, canta), prende per mano gli spettatori e li accompagna nel viaggio spazio-temporale del suo concerto. Sembra di assistere a un rito tribale di iniziazione di una setta, elitario, esclusivo. Assoli lunghissimi, elegantissimi e potentissimi al tempo stesso, interludi, variazioni, frasi in codice che Venerus si scambia con i musicisti della sua band: “Faresti lo stesso”, “Sola”, “Ck”, “Canzone per un amico”, dedicata a Claudio Coccoluto, ricordando i suoi anni romani di formazione, alla ricerca della sua strada. E poi ancora il reggae spaziale di “Dreamline”, “Luci” “Non imparo mai”, “Fantasia”: lo show è psichedelico e lisergico, un flusso di musica quasi totalmente ininterrotto nel quale difficilmente si riescono a percepire i passaggi da un brano all’altro.
Freak e ribelle, Venerus non bada alle barriere. Le attraversa. Con la sua musica riesce a far viaggiare la mente: è metafisica e lunare, ma anche terrestre, artigianale e concreta. Basti ascoltare i pezzi del nuovo album “Il segreto”, che in scaletta si mischiano e si confondono con quelli dell’esordio di due anni fa con “Magica musica” (incredibile ma vero: ha vinto il Disco d’oro, un piccolo miracolo per un progetto del genere). Insieme compongono un manifesto di un nuovo umanesimo musicale basato sullo scambio e l’equilibrio tra il cantautore milanese e la sua band, che non asseconda le mode e include l’imperfezione, rivendicandola come simbolo di veridicità, di genuinità e di autenticità. Il concerto diventa uno spazio libero dove chiunque è libero di essere chi vuole, di cantare come vuole, di ballare come vuole, anche a costo di apparire goffo o bizzarro.
Gli arrangiamenti sono corposi e complessi, infarciti di virtuosismi che vedono Venerus e i musicisti della sua band rivendicare la loro personalità, il loro talento, la loro intelligenza e la loro sensibilità. Al basso c’è Andrea Colicchia, alla batteria Elia Pastori, all’organo e alle tastiere Danilo Mazzone, alla chitarra Danny Bronzini, che fu scoperto da Jovanotti quando aveva solamente 19 anni e portato dal “Ragazzo fortunato” con sé in tour negli stadi (“Questo fa paura, è un ragazzino ma suona come Steve Ray Vaughan”, lo incensò Lorenzo Cherubini). Venerus si divide tra il microfono, la chitarra e il pianoforte, mostrando tutta la sua versatilità. Le sonorità spaziano dal rock classico al soul elettronico, ma non mancano momenti in cui le atmosfere si fanno più rarefatte. Come su “Sei acqua”, cantata all’unisono con il pubblico: è una delle canzoni che gli ricordano gli anni in cui a Roma frequentava lo studio di Frenetik & Orang3, tra i primi a credere in lui, mentre in molti gli davano pacche sulla spalla e lo scoraggiavano dicendogli che con questa musica qui in Italia non avrebbe mai svoltato. “Senza di me”, il singolo insieme a Gemitaiz e Franco126 con il quale Venerus fece ascoltare per la prima volta al pubblico mainstream la sua voce, sarebbe arrivata poco dopo.
Ad un certo punto, verso la fine del concerto, l’attenzione del cantautore si sofferma su un ragazzo nel parterre che canta tutte le canzoni: “Le sai tutte, vero?”, gli domanda Venerus, tendendogli un braccio e facendolo salire sul palco. Si chiama Lorenzo e suona la batteria: Venerus gli chiede di accompagnarlo su “Fuori, fuori, fuori…”, uno dei pezzi di “Magica musica”. “Togliete il telefono alla mia ragazza, perché vorrei che si godesse il momento. Questa non posso che dedicargliela”, dice lui, tenerissimo, agli amici. C’è spazio ancora per qualche canzone. E pure una sorpresa, come la cover di “Beautiful” di Christina Aguilera. “L’altro giorno, all’alba, mi sono infilato i pattini, sono uscito di casa e sfrecciando mi sono messo a cantare questa canzone”, confessa Venerus. “Grazie perché venite, perché cantate e perché ci supportate. Sono testardo, ma ho bisogno anche di voi”, dice al pubblico. “Resta qui”, l’ultima canzone in scaletta, sembra quasi una dedica rivolta a chi lo segue, una carezza con la quale Andrea prova a ricambiare l’affetto di chi gli consente di continuare a prendersi sul campo quelle soddisfazioni che le classifiche, lo sa, non danno a una proposta come la sua. Che non è pop, non è rap, non è elettronica, non è soul, non è indie, non è jazz, o forse è tutte queste cose messe insieme, come in un accecante caleidoscopio: una miscela originalissima che brilla nel panorama discografico italiano. È il suo manifesto di (r)esistenza condiviso, un inno alla calma del prendersi del tempo, dell’andare piano, senza dover per forza correggere tutto con un filtro che appiattisce.