L’”era del piacere” di Janelle Monae, sempre più pretenziosa
La sua “era del piacere” l’ha lanciata tra topless e nudi. E una comunicazione che gioca con allusioni sessuali e doppi sensi. Prendete il video del singolo “Lipstick lover”, ambientato in un party in piscina dai contorni un filino piccanti. E il fatto che il disco esca il 6/9 (negli Usa il mese si può indicare prima del giorno), giocando sulla definizione di una pratica sessuale, sarà solo una coincidenza? “È la nostra oasi fatta d’amore, radicata nell’accettazione di sé”, dice Janelle Monae presentando “The age of pleasure”, il suo nuovo album. Il disco arriverà nei negozi e sulle piattaforme questo venerdì, a cinque anni di distanza dal precedente “Dirty computer”. Da sempre a modo suo militante, con quattordici pezzi dell’album la 37enne musicista statunitense, icona della scena black d’oltreoceano, ambisce stavolta a offrire manifesti che strizzano tematiche come l’inclusività, l’ugugaglianza e il senso di comunità (quella nera, naturalmente).
Con il suo suono e il suo stile visionario Janelle Monae ha conquistato negli anni la critica internazionale, guadagnandosi otto nomination ai Grammy Awards, due statuette ai Billboard Women in Music nel 2015 e nel 2018 rispettivamente come “Rising star award” e “Trailblazer of the year”, due candidature ai Brit Awards, un MTV Video Music Award nel 2013 come “Miglior regia” per “Q.U.E.E.N.”. Con “The age of pleasure” la cantautrice punta a confermarsi come un’artista poliedrica e versatile, che canta, suona, scrive, mescola generi e recita (a gennaio a Los Angeles, dopo essersi identificata come non binaria, si è aggiudicata il SeeHer Award, assegnato dall’associazione dei critici statunitensi, la CCA, in quanto personalità che sostiene l’ugugalianza di genere e che sifda gli stereotipi).
Il progetto, come ogni disco di Janelle Monae, è ambizioso e in parte anche pretenzioso. Nel precedente “Dirty computer” interpretava una figura mezza donna e mezza cyborg che lottava contro una società totalitaria del futuro i cui cittadini venivano chiamati “computers” e duettava con Grimes in un tributo alla forma e alla sessualità femminile come “Pynk” e faceva del reggaeton con Pharrell. In “The age of pleasure” celebra l’amore, il desiderio, la passione, la libertà d’espressione della propria identità e soprattutto della propria sessualità. Come sempre quando si parla di Janelle Monae, tanta (troppa?) Carne al fuoco. Meglio parlare di musica, allora.
Nel suo primo album in cinque anni la cantautrice ha voluto al suo fianco Nate “Rocket” Wonder, ideale metà dei Deep Cotton, il duo funk composto insieme al socio Chick Lightning, che Janelle Monae arruolò già nel 2010 in “57821”, uno dei brani contenuti nell’album d’esordio “The ArchAndroid”. La musicista ha raccontato di “aver avuto l’opportunità di evolversi e crescere” e attingere alle cose che le “procurano piacere”. In “Float” c’è Seun Kuti, il figlio del grande Fela, l’inventore dell’afrobeat, che ha raccolto l’eredità del padre e guida ora la band degli Egypt 80: il brano è un omaggio alla black music degli Anni ’70 e vale - come si suol dire - da solo il prezzo del biglietto. In “Ooh la la” c’è sua maestà Grace Jones, mentre in “Know better” Janelle Monae duetta con CKay, vero nome Chukwuka Ekweani, 27enne musicista nigeriano che da tempo si sta ritagliando uno spazio tutto suo nella scena urban internazionale mischiando r&b e neo Afrobeat, raccogliendo l’eredità dello stesso Fela Kuti e rielaborandola a modo suo.