Emidio Clementi e Corrado Nuccini: “L’originalità è fondamentale”

“Già con le nostre band, i Massimo Volume e i Giardini di Mirò, non siamo mai appartenuti a una scena musicale. Non essere codificabili, in qualche modo, ha sempre fatto parte di quello che siamo”. “Motel Chronicles”, il nuovo album di Emidio Clementi e Corrado Nuccini, uscito per 42 Records, è in primis un grande atto di libertà e di bellezza. “Non è un podcast, non è un audiolibro, non è musica algoritmica”, continua con orgoglio Nuccini. Sono due artisti da sempre lontani dalle mode e dalle correnti, nel segno di uno spoken word poetico e viscerale che, grazie a una musica priva di schemi e generi precisi, ha il potere di aprire porte fisiche e mentali.
I due emiliani, di nascita nel caso di Nuccini e di adozione per quanto riguarda Clementi, traducono e trasportano in musica alcuni estratti dell'omonimo capolavoro letterario dello scrittore, attore e drammaturgo Sam Shepard, premio Pulitzer per il teatro nel 1979 e autore della sceneggiatura del film “Paris, Texas” di Wim Wenders. Con questo disco, i due completano una trilogia musicale e letteraria iniziata con “Notturno americano”, in cui ripercorrevano l’America urbana del primo ‘900 descritta da Emanuel Carnevali, e proseguita con i “Quattro quartetti” di T.S.Eliot. Un nuovo album che dipinge un affresco di vita crudo e disilluso, un tuffo di testa dentro un realismo schiacciante. “La nostra trilogia ha al centro l’America, vista e affrontata da diversi punti di vista – sottolinea Clementi – ma di fatto il filo rosso è l’esistenza e la condizione dell’uomo. Dentro gli Stati Uniti di Shepard ci sono stanze d’albergo, strade statali, distese di grano al tramonto, parcheggi, piano bar, rodei di provincia: in ‘Motel Chronicles’ ha saputo trasformare questo immaginario in un paesaggio intimo, mai statico, popolato da personaggi inquieti alla ricerca di quelle risposte che la vita non riesce a dare”.
I brani musicali ricalcano la struttura breve e fulminante dei testi e li fanno assomigliare a una raccolta di canzoni dove l’elemento americano si fonde con i riferimenti alla musica europea, dal sound di Bristol anni ’90 a Jamie xx, dalla spoken music alla suite orchestrale con archi e fiati. “Non lavoriamo a scompartimenti, ovviamente c’è un dialogo costante, ma i compiti sono chiari: Mimì (Clementi, ndr) si occupa dei testi, io della musica – racconta Nuccini – tutto è possibile grazie a un rapporto profondo fra noi. In questo terzo capitolo la musica si sviluppa, in alcuni frangenti, come un’anticamera di riflessione davanti alle ‘bombe’ dei racconti. Questo approccio si sposa con il senso mitologico di Sam Shepard, elemento che rende tutto ancora più forte”. Dieci istantanee di un’America spietata e crepuscolare, in una nuova traduzione inedita a opera dello stesso Clementi, impreziosite dalla partecipazione di tanti amici: Francesca Bono alla voce; Emanuele Reverberi alla tromba e al violino; Stefano Pilia al basso e alla chitarra elettrica; Fabio Rondanini alla batteria; Laura Agnusdei al sax; Francesca Baccolini al contrabbasso, Jonathan Clancy alla voce e ai cori, Zois ai cori e la sezione d’archi Concordanze (Pietro David Caramia ed Elena Maury, Alessandro Savio, Mattia Cipolli, Elisa Bognetti, Alberto Condina), fino alla produzione di Giacomo Fiorenza.
“È vero quando diciamo che questo genere di progetti e di spettacoli che stiamo portando in giro non sono codificabili –ribadisce Clementi – da un lato, a livello promozionale, però non è un bene (sorride, ndr). Quando si è così, viene in mente la figura di Emanuel Carnevali, italiano che scriveva in inglese, parlando dell’America. E infatti rimase in una sorta di ‘terra di nessuno’, ma ancora oggi è ricordato”. L’originalità è un faro. “Un tempo ‘essere originali’ e cercare di rimanere svincolati era tutto, quando ti paragonavano a un altro artista era quasi un’offesa – conclude Nuccini – non voglio dire che erano meglio i tempi andati e che adesso la musica è una merda, non è così, ma semplicemente sono cambiati i codici. Noi continuiamo a pensare che l’originalità sia una componente fondamentale”.