Slowthai: “Sanguiniamo, ma dobbiamo lottare per la felicità”
Slowthai è venuto per vendicarci. Con quella sua faccia da schiaffi e allo stesso tempo dolcissima quando sorride, straccia via frivolezze, materialismo e velleità da rapper, per andare dritto all’essenza della musica e dell’arte. Mette al centro l’emozione e la condivisione. È proprio quello che lo ha spinto a organizzare un tour nei pub con i biglietti a una sterlina. “Per me è importante che le persone possano avere accesso a me e alla mia musica, ecco perché ho scelto di suonare in posti nuovi per presentare il nuovo album ‘Ugly’. Se puoi farlo…beh, allora perché non farlo?”, dice con un ghigno a denti stretti durante una sessione online di ascolto del progetto con la stampa. Tyron Kaymone Frampton, questo il suo vero nome, 28 anni, aveva già portato avanti iniziative di questo genere. Ma questa volta c’è qualche cosa di diverso: “Ugly” è il suo disco più viscerale e struggente.
Mettersi sotto analisi
Il dito a sto giro lo punta su se stesso. Sì, perché al parlare di politica e al vomitare barre serrate e ironiche contro la Corona, la Brexit, i conservatori e chi perpetra ingiustizie nella società, Slowthai, con questo terzo capitolo della sua carriera, preferisce mettersi sotto analisi, capire quale possa essere la strada per la felicità, per un’accettazione di se stessi. Non dimentica le invettive, il flow aggressivo e i riferimenti all’oggi, compresa la guerra, ma decide anche di scavare dentro il proprio corpo e la propria mente. “Sono alla ricerca della mia migliore rappresentazione”, prosegue con un altro sorriso inquieto.
Un percorso sofferto, sin dagli inizi della lavorazione, che coincide con un’impennata di maturità dovuta anche al suo essere diventato padre nel 2021. “In questo disco parlo un po’ meno di quello che c’è intorno e mi concentro di più sulle persone, sull’essere umano. Su di me. Mi sono fatto tante domande sulla felicità, sull’importanza dello stare bene, sul giudizio degli altri. Mi andava di parlare di questo, è un argomento attuale, è qualche cosa di importante di cui a volte sembriamo dimenticarci. Sanguiniamo, soffriamo, ma perché non dobbiamo parlare anche dello stare bene? È una lotta contro di noi”, continua Slowthai.
Per se stessi, non per gli altri
In questa battaglia senza armi di Slowthai sembra quasi echeggiare la frase di Sartre “l’inferno sono gli altri”: lo sguardo giudicante del prossimo può essere devastante come dice a un certo punto nella martellante e asfissiante “Selfish”. Il video è molto esplicativo: l’artista è imprigionato in una gabbia di vetro, tutti lo possono vedere. “Non importa cosa o chi le persone pensano che tu sia, devi solo rimanere fedele e rispettare te stesso. Ho ‘Ugly’ tatuato sul mio viso perché è un promemoria per amarmi, piuttosto che mettermi costantemente a terra o sentire l'impressione che le persone hanno di me. Non voglio che ciò determini chi sono – spiega Slowthai in una nota - alla fine della giornata, l'arte che faccio è per me stesso, e la musica che faccio è per me stesso, se mi diverto allora chi se ne frega del resto. Quindi, il modo in cui dovrei vivere la mia vita dovrebbe essere senza alcuna aspettativa riferita a qualcun altro. Penso che sia qualcosa che tutti abbiamo bisogno di sentire perché tutti hanno bisogno di un sorriso, e tutti hanno bisogno di un po' di gioia. Bisogna guardarsi dentro per capire davvero che non dobbiamo dipendere dai pareri degli altri”.
Rap-punk-rock
Il risultato finale? Il disco più punk e rock di Slowthai, che rappa, canta (molto più che in passato), urla ed esorcizza paure, dipendenze e pressioni della società. Un progetto ricco di tensione e verità. Non viene in mente altro di simile in questo momento nel panorama musicale contemporaneo, nulla di così cristallino e fortemente identitario: un rap alternativo dal sound punk-rock. La rabbia rap incendiaria e da working class britannica che caratterizza i precedenti “Nothing Great About Britain” del 2019 e l’acclamato “Tyron” del 2021 è intatta, ma messa al servizio di uno scontro personale. “C’è stato un periodo in cui mi sono odiato, questo disco l’ho scritto per salvarmi”, ammette.
Nell’oscura "Yum", proprio all’inizio di una seduta psicoanalitica, elenca dipendenze e catene per il corpo e per la mente, in "Fuck It Puppet" si contrappone al folletto seduto sulla sua spalla, quello che il suo strizzacervelli gli ha detto di non ascoltare più, nella straordinaria “Falling”, sul tema del perdersi e del fallimento, si chiede “Hai mai avuto voglia di cadere?”, mentre "Feel Good", nel cui video piomba in casa di alcuni fan a sorpresa, e "Wotz Funny", in cui approfondisce il motivo per cui ridiamo di cose che non sono divertenti, sono più ironiche, appaiono come degli esorcismi. “‘Feel Good’ è da cantare o suonare quando si è infelici – dice Slowtahi - l'obiettivo del video era quello di restituire qualcosa e condividere un momento con alcune persone che non hanno mai smesso di supportarmi. È un modo per dire ‘vi amo’”.
Un album da band
Slowthai gioca con il titolo, che letteralmente significa “brutto”, ma che lui fa passare anche come acronimo di “U Gotta Love Yourself”, ovvero “devi amare te stesso”. E per farlo, farsi un regalo, Slowthai, in questo disco, si è circondato di amici e ha realizzato un sogno: mettere su una band. Un approccio completamente diverso. Non chiude con il passato, ma è una svolta.
Prodotto da Dan Carey nel suo home studio nel sud di Londra, l’album ospita anche una serie di artisti come Ethan P. Flynn, Taylor Skye dei Jockstrap e nella title track anche i Fontaines D.C. (un traccia potentissima): Slowthai si è abbandonato al suo amore per la musica suonata, senza rinunciare al rap e all’elettronica. “Sono cresciuto a Northampton dove c’erano più band che rapper – conclude – ho sempre voluto far parte di una band, ma nessuno mi ha mai dato un’opportunità. In questo disco provo a suonare la chitarra e diversi strumenti. Il progetto ha una componente strumentale più accentuata. La collaborazione con i Fontaines D.C., per esempio, è stata fantastica”.