Suonando la California: Steve Miller Band, "Children of the future"

Steve Miller Band – CHILDREN OF THE FUTURE (Capitol Records, SKAO 2920, Lp, 1968, USA)
Lato A: Children of the Future / Pushed Me to It / You’ve Got the Power / In My First Mind / The Beauty of Time Is That It’s Snowing (Psychedelic B.B.)
Lato B: Baby’s Callin’ Me Home / Steppin’ Stone / Roll with It / Junior Saw It Happen / Fanny Mae / Key to the Highway
Steve Miller (chitarra, voce, armonica); Boz Scaggs (chitarra, voce); Lonnie Turner (basso, voce); Jim Peterman (organo Hammond, mellotron, voce); Tim Davis (batteria, voce); Ben Sidran (clavicembalo in "Baby’s Calling Me Home")
Il percorso artistico di Steve Miller viene da lontano, in particolare da Chicago, dove si è fatto le ossa suonando con giganti come Howlin’ Wolf, Muddy Waters e Buddy Guy nei primi anni Sessanta.
Dopo un breve periodo come custode in uno studio musicale del Texas, Miller si trasferì a San Francisco nel 1966 e mise insieme la Steve Miller Blues Band. Dopo alcuni cambiamenti nel roster della
band, Miller arrivò a una formazione che includeva il suo amico d’infanzia, cantante e chitarrista Boz Scaggs, il bassista Lonnie Turner, il tastierista Jim Peterman e il batterista Tim Davis. Divertendosi suonando in giro nell’area della Baia, alla fine decidono di cancellare il “Blues” dal nome della band e firmano un contratto con la Capitol Records, che resterà l’etichetta della Steve Miller band per tutti i vent’anni di attività.
L’album di debutto della Steve Miller Band ha uno stile musicale che è una miscela di blues e rock psichedelico e riflette l’atmosfera del British Blues Revival del periodo. Non sorprende quindi che sia stato registrato agli Olympic Studios di Londra con il produttore Glyn Johns, che avrebbe in seguito curato album di Rolling Stones, Humble Pie, Joe Cocker e di molte altre leggende del rock.
Come ricorda Glyn Johns nella sua biografia:
"Miller ha immaginato il primo lato dell’album come una suite estesa di 'Children of the Future', completa di effetti sonori psichedelici e manipolazioni di nastri ispirati ai compositori d’avanguardia come Karlheinz Stockhausen e John Cage, mentre l’altra parte avrebbe attinto alle radici blues condivise dai membri della band".
Partendo da questa prospettiva, la title track "Children of the Future" dà il via all’Lp con un rigurgito vorticoso e caotico di strumenti che si scontrano nel mix, cambi di tempo e variazioni tematiche che rendono imprevedibili i primi venti secondi. Follia musicale che svanisce in un sordo ruggito prima che la chitarra di Miller porti l’ascoltatore verso le brillanti e splendide armonizzazioni vocali, anticipando di un paio d’anni Crosby, Stills & Nash. Tutti e cinque i membri della band entrano e le loro voci si intrecciano fino a quando Miller prende il microfono e il brano sfocia nella funkeggiante "Pushed Me to It", trentanove secondi e poi via verso una nuova cavalcata. Ecco allora la splendida "You’ve Got the Power" arricchita dall’organo Hammond di Jim Peterman, che domina con gusto.
Le prime tre tracce di CHILDREN OF THE FUTURE sono distanziate da intervalli minimi che ben rendono l’effetto suite. Una sorta di allucinogena introduzione alla canzone che è il cuore del lato A.
Con un’autonomia di oltre sette minuti, "In My First Mind" è un brano che lascia indubbiamente il segno, con il suo costrutto pop-psych ossessivamente bello e le tastiere del co-writer Peterman messe al servizio di un improbabile viaggio di natura cerebrale/musicale. "In My First Mind" da canzone si trasforma in una sorta di poema strumentale che può essere visto come l’archetipo della sperimentazione che verrà utilizzata successivamente e che segnerà un buon numero di capolavori futuri.
La chiusura del primo lato del disco è demandata alla solenne "The Beauty of Time Is That It’s Snowing (Psychedelic B.B.)" di Steve Miller. La canzone si sviluppa lentamente con vari effetti sonori più o meno
inquietanti, strumentazione rimbombante, la chitarra di Miller che suona un debole chorus di Chicago blues. La chitarra si abbassa all’interno del mix mentre alcuni tuoni rimbombano, il vento soffia e i gabbiani urlano verso il mare.
Dopo il caleidoscopio emozionale del primo lato del disco eccoci alla seconda parte che, è bene anticiparlo si apre in tutt’altro modo. Boz Scaggs, che avrebbe lasciato la band alla fine del 1968 per perseguire i suoi sogni di successo da solista, ha contribuito all’album con due canzoni: "Baby’s Callin’ Me Home" e "Steppin’ Stone". Con la prima ci ritroviamo tra i brani più blues di tutto il repertorio, la ritmica in questo caso è sostenuta solamente dal suono della chitarra. La coinvolgente "Stepping Stone" rientra tra gli episodi migliori non solo del lato B ma di tutto il disco. Un ritmo funky e blues con un groove ben definito che mette alla prova il batterista Tim Davis. La voce soulful di Scaggs si innalza sopra la chitarra di Miller in un mix sonoro piuttosto fangoso. Con una migliore produzione la canzone sarebbe potuta essere un primo successo radiofonico per la band.
Il rock up-tempo di "Roll with It" è un brano che si avvicina al suono che Miller avrebbe ottenuto con i suoi successi radiofonici degli anni Settanta. Con armonie vocali magnetiche e chitarra “lanciafiamme”, la canzone è scandita dai riff delle tastiere di Peterman. La radio rock FM doveva ancora essere inventata nel 1968, ma senza dubbio anche "Roll with It" era pronta per le onde radio.
La prima Steve Miller Band era una formazione decisamente più democratica rispetto alle versioni successive – in fin dei conti era la fine degli anni Sessanta – e come Scaggs e Peterman hanno avuto il loro momento al sole, così anche Tim Davis interpreta la voce principale in Junior Saw It Happen, aggiungendo così nel disco un piacevole contrasto con i diversi stili vocali di Miller e Scaggs.
Sul finale due cover, "Fannie Mae" del bluesman Buster Brown (entrata al primo posto nella classifica R&B degli Stati Uniti nell’aprile 1960) qui nell’interpretazione di Tim Davis, la cui voce vigorosa viene però sopraffatta dall’esibizione dell'armonica sbarazzina di Miller e dai ritmi bassi di Lonnie Turner. E sul finale una cover della leggenda del blues “Big” Bill Broonzy, il classico "Key to the Highway".
Il 17 settembre 2012, l’inglese Edsel Records ha pubblicato una versione rimasterizzata dell’album (EDSA 5003) con il primo singolo B Side della band, "Sittin’ in Circles", come bonus track.
Il testo di questo articolo è tratto da "L'onda sulla baia", di Aldo Pedron e Maurizio Galli, Arcana edizioni. (C) 2021 Lit edizioni S.a.s. per gentile concessione
