Il 'viaggio americano' dei Virginiana Miller dal vivo: la recensione del concerto a Livorno del 14/04/2019
“Ci stiamo cacando addosso”, aveva anticipato Simone Lenzi, il cantante del gruppo di "La verità sul tennis", in un'intervista a Repubblica annunciando la prima data del loro tour per la presentazione di “The Unreal McCoy” proprio nella natia Livorno. In effetti nell'esordio “in casa” dopo circa sei anni dall'ultimo concerto le aspettative e, quindi, le tensioni aumentano notevolmente.
Ma i Virginiana Miller sono fatti così, amano complicarsi la vita: come del resto la scelta di cantare in inglese in un preciso momento storico in cui la lingua italiana nel pop-rock non solo è sdoganata, ma riempe le classifiche.
Eccoci quindi nella pittoresca e bohemien location dell'Ex Cinema Aurora (ma con un'eccellente acustica, va detto). Il concerto è diviso in due: la prima parte che riproduce totalmente l'ultimo disco, seppur con un diverso ordine, mentre la seconda è una sorta di greatest hits di quasi trent'anni di carriera.
Ovviamente la prima tranche era quella più attesa; possiamo subito dire che, se era un esame, è stato superato splendidamente.
Il set parte con le intense parole recitate da Simone Lenzi in italiano di “Albuquerque”, luogo reale e sognato di una possibile rinascita post-apocalittica. Da qui parte questo viaggio americano raccontato dalla provincia italiana popolato da vecchi wrestler, motorhome, bozos, ex sportivi ingrassati seduti sul bordo di piscine vuote e ricordi della fine del proibizionismo. C'è da dire che le canzoni dal vivo rendono benissimo, forse anche meglio che su disco, soprattutto la voce di Simone Lenzi con un inglese meno impostato e più sciolto nella pronuncia garantisce una maggiore musicalità ed empatia alle strofe. Si va dalla canzone che da il titolo al disco dai sapori watersiani all' 'americana' di “Motorhomes in America”, dall'elettrica “Lovesong” fino alla più pop “Old Baller”. Le chitarre dominano: Matteo Pastorelli con elettrica, classica, slide guitar e un mini threremin dà corpo alla struttura, mentre Antonio Bardi lavora di fino, ma anche la sezione ritmica è puntuale e le tastiere specie nella seconda parte del concerto hanno come sempre un ruolo centrale. Una menzione particolare va al finale della prima tranche del set con l'unica cover del concerto, una versione oscura ed elettrica di “The Ghost of Tom Joad” di Bruce Springsteen ma come se l'avesse scritta Neil Young, e che rientra perfettamente nel concept di “The Unreal McCoy” e infine la già citata “Albuquerque” qui ancora più acida e psichedelica dell'originale, con Lenzi che si pone a metà tra Jim Morrison e Scott Walker e con un finalone chitarroso stile desert rock. Anche il pubblico reagisce bene a queste nuove canzoni, ma molti sono venuti anche per riascoltare i vecchi classici in italiano: la seconda parte con il freno tirato e ci rimettono un po' canzoni come “Parenti Lontani”, “Due” e “Dispetto” che escono un po' depotenziate, ma basta poi una doppietta come “Anni di Piombo” e “La verità sul tennis” con quel gioco di chitarre molto Xtc (molto virginianamiller, ora possiamo dirlo) a far risalire temperatura ed entusiasmo sul palco e in platea. Chiude questo lungo e soddisfacente concerto il bis di “Lovesong” e “L'estate è finita” che rimane ancora oggi uno dei migliori esempi di testo italiano applicato al rock.
Si replica nelle prossime settimane a Firenze, Mezzago, Pisa e Roma.
(Michele Boroni)
SETLIST:
The Unreal McCoy
Old baller
Motorhomes Of America
Soldiers on leave
Lovesong
The End of onnocence
Toast the ssteroid
Christmas 1933
The Ghost of Tom Joad
Albuquerque
Parenti lontani
Due
Dispetto
La risposta
Anni di piombo
La verità sul tennis
Acque sicure
Lovesong
L'estate è finita