Cristina Scabbia, vent’anni di Lacuna Coil: “il successo non si costruisce in tv, ma sui palchi dove vita e musica coincidono”

“Oggi molti giovani pensano che il successo televisivo sia reale, che arrivare in fondo a un talent sia un traguardo centrale per la propria carriera. Il successo invece si conquista su tutti i palchi, davanti alla gente”. Verità, da ribadire. Non significa essere pedanti, ma semmai consapevoli che la luce sorge dal buio. È così che il nastro dei ricordi di Cristina Scabbia, voce dei Lacuna Coil, si riavvolge fino agli esordi.
Vent’anni di sacrifici, vent’anni che hanno portato la band a raggiungere vette inimmaginabili quando frequentavano garage e salette polverose. “Eravamo semplicemente dei ragazzi a caccia di un’opportunità, non c’era il web di oggi, non c’erano i social – spiega Scabbia – un nostro demo, da Quarto Oggiaro, finì nelle mani di un’etichetta tedesca. E ci ritrovammo ad avere la nostra chance: fare un disco. Piano piano ci siamo conquistati i fans. E se ripenso a quest’anno, al concerto celebrativo per il ventennale, a Londra, mi rendo conto di quanto quell’entusiasmo non sia mai venuto meno”. .
Il live dello scorso gennaio all’O2 Forum Kentish Town a Londra, da cui sono stati tratti anche un dvd e un cd, è la sintesi perfetta di quello che sono i Lacuna Coil oggi: una delle band italiane metal più famose al mondo. “Il concerto si è tenuto il 19 gennaio, la giornata mondiale dei Lacuna Coil, lo hanno stabilito i nostri fans ispirandosi alla canzone 1.19 – dice l’artista – non ci bastava suonare, volevamo lasciare un ricordo concreto. Cercare la location, studiare nel dettaglio lo show (a cui ha partecipato anche una compagnia circense di Bristol), fare prove pesanti e capire fino in fondo a che punto ci saremmo potuti spingere, sono state tutte azioni possibili perché siamo consapevoli di chi siamo e di quello che vogliamo. Nulla sarebbe stato realizzabile se i Lacuna Coil non avessero compiuto un preciso percorso. Da quel live memorabile sono poi arrivati gli altri, come quello recente di Milano. Abbiamo festeggiato un compleanno, a nostro modo”.
Oltra a Scabbia, il gruppo oggi, dopo alcuni cambi di formazione, è formato da Andrea Ferro, Marco Coti Zelati, Ryan Blake Folden e da Diego Cavallotti. “I momenti più alti sono state le partecipazioni agli Ozzfest, con mostri sacri del metal – continua Scabbia – quando fai questo genere e vieni apprezzato anche negli Stati Uniti, vuol dire che hai davvero mosso qualche cosa. Ma mai abbiamo pensato di concentrarci solo su quel mercato: la nostra forza è proprio quella di essere europei, di avere delle radici precise che si notano anche nel nostro modo di fare musica”.
Fame di conquistarsi palchi sempre più grandi, gavetta, identità e un immaginario preciso. Dal 1999, quando è uscito “In a Reverie”, fino all’ultimo “Delirium” del 2016, la formula magica non è cambiata. Idee della musica conciliabili con quelle di un talent? “Quando ho fatto la giudice per The Voice ho cercato di portare la mia visione della musica – conclude la cantante – ho incontrato diversi ragazzi: molti sono consapevoli che un talent non è un traguardo, ma solo un’occasione in più. Ma la maggior parte crede che il successo televisivo generi qualche cosa che rimarrà nel tempo. Aiuta, ma è un’ascesa labile, che si sgretola facilmente. Spesso chi esce dalla tv non è neppure preparato a una dimensione live, eppure talvolta viene buttato nei palazzetti, senza aver fatto alcuna esperienza. Gli artisti si formano quando musica e vita coincidono”.
(Claudio Cabona)