Norah Jones non ama parlare di Ravi Shankar. Anzi, preferisce evitare del tutto l'argomento. Lo si è anche visto all'ultimo suo incontro con la stampa italiana, quando gli addetti hanno educatamente ricordato ai giornalisti che sarebbe stato ampiamente preferibile tralasciare ogni possibile domanda sul padre di Norah. Come riferito ieri da Rockol, Ravi Shankar, virtuoso del sitar che influenzò George Harrison e che partecipò a eventi rock storici come Woodstock e il concerto per il Bangladesh, è morto l'11 dicembre a San Diego all'età di 92 anni. Norah, nata a Brooklyn dalla relazione del padre con l'organizzatrice di concerti Sue Jones mentre Ravi era sentimentalmente impegnato con la partner Kamala Shastri, con la quale conviveva già dagli anni Quaranta, in occasione del luttuoso evento non si è lasciata andare a grandi dichiarazioni ma già il fatto che si sia espressa - dopo anni di "no comment" - è una notizia. L'artista, la cui sorella Anoushka, classe Novantuno, invece venne al mondo in seguito al matrimonio (1989) del padre con Sukanya Rajan, con una dichiarazione sul "Wall Street Journal" ha detto: "La musica di mio papà ha commosso milioni di persone, mancherà molto sia a me sia a chi ama la musica". Sukanya e Anoushka Shankar, utilizzando il sito dello scomparso, hanno affermato: "Eravamo accanto a lui quando se ne è andato. Sappiamo che anche voi sentite la nostra perdita e vi ringraziamo per tutte le vostre preghiere in questo difficile momento". Ai prossimi Grammy il musicista riceverà il premio Lifetime Achievement alla memoria.
Benché negli ultimi mesi esibirsi fosse diventato sempre più difficile, solo il 4 novembre scorso Shankar (che aveva mantenuto la propria residenza sia in India che negli USA) tenne - insieme alla figlia Anoushka a Long Beach, California - quella che a conti fatti fu la sua ultima apparizione pubblica.