Gregory Corso, poeta della Beat Generation, è morto mercoledì notte al North memorial Medical center di Robbinsdale, nei pressi di Minneapolis, a causa di un tumore alla prostata. Aveva 70 anni. Nel 1997, poco dopo la scomparsa del collega Allen Ginsberg, Corso aveva iniziato ad accusare i sintomi della malattia e aveva dovuto lasciare New York per trasferirsi dalla figlia Sheri, che lo ha assistito fino alla fine, riducendo via via le sue apparizioni pubbliche fino a ritirarsi definitivamente. Tra i più importanti scrittori del secolo appena concluso, Gregory Corso era uno dei “poeti maledetti” della Beat Generation, che tanta linfa vitale ha dato anche alla storia della musica rock, insieme al già citato Allen Ginsberg, a William Burroughs, a Jack Keouac, e a Lawrence Ferlinghetti, che così ricorda i suoi ultimi mesi di vita: “Una fibra eccezionale: la scorsa estate sembrava in fin di vita, ma poi si è ripreso”. Nato nel Greenwich Village newyorchese il 26 marzo 1930, figlio di emigrati italiani, dopo un’infanzia e un’adolescenza difficili e dopo aver conosciuto il carcere, Corso ha pubblicato una ventina di raccolte di poesie. Tra le sue poesie più famose ricordiamo “Bomb”, scritta nel 1958 in forma di fungo atomico. Le sue opere più note, caratterizzate da un forte sperimentalismo, si ricordano “Gasolina”, “The happy birthday of death” e “Elegiac feelings american”.
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