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Linkin Park, 'A thousand suns': altri particolari

Linkin Park, 'A thousand suns': altri particolari
Credits: James Minchin III

Ci saranno omaggi ai Public Enemy, ma anche a Robert Oppenheimer (il fisico americano a capo del Progetto Manhattan che mise a punto la prima bomba atomica e che si rifiutò di lavorare alla bomba all'idrogeno) e al paladino dei diritti civili Martin Luther King nel nuovo album dei Linkin Park, "A thousand suns", che raggiungerà a giorni i negozi: a rivelarlo è stato il co-frontman del gruppo, Mike Shinoda. "Nel brano 'Wretches and kings' c'è un omaggio a Chuck D: è una delle canzoni più hip hop che abbiamo mai registrato, ed è molto aggressiva. E' un qualcosa che non avete mai sentito prima. I Public Enemy sono sempre stati una band molto sfaccettata, perché - oltre al loro impegno politico - nei loro dischi son sempre finite anche un sacco di altre cose. I loro lavori mi hanno ispirato facendomi capire cosa avrei voluto che facesse il mio gruppo, su come trovare un percorso artistico personale prendendoli ad esempio", ha detto Shinoda, che ha confessato come cenni decisamente "politici" nel nuovo disco non mancheranno: "In un altro brano abbiamo usato un campione preso da un discorso di Mario Savio, un attivista dei diritti civili che negli anni Sessanta lottava per il miglioramente delle condizioni dei lavoratori; in 'Burning in the skies' facciamo riferimento a Robert Oppenheimer, mentre in 'Iridescent' citiamo un discorso di King circa i suoi sentimenti riguardo all'intervento militare americano in Vietnam e la comunità afro-americana. Abbiamo scelto queste tre citazioni perché ci sembrava molto interessante come questi tre interventi, pur riascoltati diversi decenni dopo l'epoca nel quale sono stati pronunciati la prima volta, riescano ad essere ancora estremamente attuali". Fondamentale, nella lavorazione del disco, è stato l'apporto del produttore Rick Rubin: "Abbiamo avuto un sacco di problemi coi testi di alcune canzoni, così abbiamo chiesto a Rick un consiglio. Lui ci ha detto che quando Johnny Cash e Neil Young sperimentavano lo stesso nostro problema, lui si limitava a piazzargli un microfono davanti e a lasciare che le parole fluissero da sole. Io ero terrorizzato, ma la cosa - alla fine - ha funzionato. Anzi, credo che questa soluzione abbia contribuito a dare un tocco di umanità al nostro modo di incidere, che è sempre stato molto 'rigido' e legato alle tracce sui sequencer dei computer".

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