
«Ci ho messo più di un anno a farlo, perché il produttore Romano Musumarra
(ex Bottega dell'Arte, già al lavoro sui primi successi di Celine Dion) è
un perfezionista incredibile. Ma alla fine ne è venuto fuori un disco che
mi piace molto: meno cantautorale e più pop, probabilmente». Così Luca
Barbarossa presenta il suo nuovo album "Musica e parole" - probabilmente il
suo disco migliore - in uscita in questi giorni. «Abbiamo curato molto le
sonorità: rispetto ai miei dischi precedenti la matrice melodica ha
ricevuto maggiore attenzione», spiega il cantautore romano. Il primo
singolo estratto dal disco, "Segnali di fumo", ospita la voce della
italo-australiana Tina Arena: l'incontro tra l'altro potrebbe ripetersi in
vista di una collaborazione sul prossimo album della cantante.
Tra gli altri brani, da segnalare la notevole "Come si dice ti amo", che apre l'album. «E' una canzone adatta ai nostri tempi, probabilmente: due persone che non parlano la stessa lingua ma si vogliono bene e desiderano comunicare. In effetti è un po' autobiografica: mia moglie, Ingrid, è francese, ed io non parlo la sua lingua. La capisco, ma mi devo arrangiare con l'inglese». Non troppo dissimile l'argomento di "Italiani d'America". «E' una canzone straordinaria; posso dirlo perché non l'ho scritta io, è di Marco Conidi. E' un pezzo che invita a considerare che tra le cose, non molte, di cui possiamo essere orgogliosi di essere italiani, c'è il fatto che l'italiano è una lingua che gli stranieri associano all'amore». Ed è un pezzo che tra l'altro cita il Festival di Sanremo, che nella storia di Barbarossa ha avuto una certa importanza... «Sanremo è una valigia: l'importante è ciò che ci metti dentro. Non avrei preclusioni a tornarci, anche se non penso che succederà nella prossima edizione - certo, questa storia dei "superospiti", "big" eccetera mi ha sempre messo a disagio». Oltre all'esordio ("Roma spogliata", 1981) Sanremo significa anche i suoi brani più conosciuti: "L'amore rubato" e "Portami a ballare". «Ho subito molte critiche per quei brani, così diversi tra loro. Il che ogni tanto mi ha fatto sorgere il dubbio che a me non venivano perdonate certe cose che invece ad altri sono tranquillamente consentite. So di aver avuto successo con canzoni nettamente definite, che la gente amava o odiava. Ma non c'è stato mai niente di calcolato. Anzi, ricordo come ai tempi di "L'amore rubato" venni colto di sorpresa dalla reazione di un pubblico al quale onestamente non pensavo. Durante i concerti, le ragazzine gridavano isteriche e mi tiravano il reggiseno sul palco: ero diventato il "Backstreet Boy" dell'epoca. Era una cosa che non mi aspettavo. Beh, se succedesse oggi non mi darebbe fastidio...».
Tra gli altri brani, da segnalare la notevole "Come si dice ti amo", che apre l'album. «E' una canzone adatta ai nostri tempi, probabilmente: due persone che non parlano la stessa lingua ma si vogliono bene e desiderano comunicare. In effetti è un po' autobiografica: mia moglie, Ingrid, è francese, ed io non parlo la sua lingua. La capisco, ma mi devo arrangiare con l'inglese». Non troppo dissimile l'argomento di "Italiani d'America". «E' una canzone straordinaria; posso dirlo perché non l'ho scritta io, è di Marco Conidi. E' un pezzo che invita a considerare che tra le cose, non molte, di cui possiamo essere orgogliosi di essere italiani, c'è il fatto che l'italiano è una lingua che gli stranieri associano all'amore». Ed è un pezzo che tra l'altro cita il Festival di Sanremo, che nella storia di Barbarossa ha avuto una certa importanza... «Sanremo è una valigia: l'importante è ciò che ci metti dentro. Non avrei preclusioni a tornarci, anche se non penso che succederà nella prossima edizione - certo, questa storia dei "superospiti", "big" eccetera mi ha sempre messo a disagio». Oltre all'esordio ("Roma spogliata", 1981) Sanremo significa anche i suoi brani più conosciuti: "L'amore rubato" e "Portami a ballare". «Ho subito molte critiche per quei brani, così diversi tra loro. Il che ogni tanto mi ha fatto sorgere il dubbio che a me non venivano perdonate certe cose che invece ad altri sono tranquillamente consentite. So di aver avuto successo con canzoni nettamente definite, che la gente amava o odiava. Ma non c'è stato mai niente di calcolato. Anzi, ricordo come ai tempi di "L'amore rubato" venni colto di sorpresa dalla reazione di un pubblico al quale onestamente non pensavo. Durante i concerti, le ragazzine gridavano isteriche e mi tiravano il reggiseno sul palco: ero diventato il "Backstreet Boy" dell'epoca. Era una cosa che non mi aspettavo. Beh, se succedesse oggi non mi darebbe fastidio...».
Schede:
La fotografia dell'articolo è pubblicata non integralmente. Link all'immagine originale