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Da produttore di Nirvana e Smashing Pumpkins a batterista con Shirley Manson: parla Butch Vig...

Dove stanno andando i Garbage ? E, insieme a loro, verso che lidi si sta dirigendo l’”altro” rock di questi ultimi anni ? Parlarne con Butch Vig non è ozioso. Perché se per molti questo insolito personaggio è “solamente” il batterista della band capitanata da Shirley Manson, altri sapranno certamente che dietro al sound di band come Sonic Youth, Nirvana e Smashing Pumpkins c’è lui, l’ineffabile Butch. Che, dall’alto della sua esperienza, auspica un ritorno al “suonato”, pur essendo un grande fan di Dr Dre, Mida dell’hip hop nonché mentore del fenomeno Eminem. Che, in “Beautifulgarbage”, ha praticamente abbandonato bacchette e tamburi per dedicarsi a chitarre e computer. Che vede il futuro della musica povero di mezzi ma ricco di fantasia. Rockol ha incontrato per voi una delle personalità musicali più interessanti oggi sulla piazza, che non crede nelle torri d’avorio ma in una rigorosa, costante e sincera ricerca. Guidata dal cuore…

Cos’è successo, musicalmente, in questi ultimi 3 anni, dall’uscita di “Version 2.0” alla realizzazione di questo nuovo album, “Beautiful Garbage” ?
Dopo il completamento dei lavori al nostro penultimo album siamo stati in tour per una ventina di mesi, visitando tutte le nazioni del mondo, dalla Turchia all’estremo oriente, dal circolo polare artico al Sudafrica: è stato incredibile perché durante questo lunghissimo viaggio ci siamo “riscoperti” tutti, gli uni con gli altri. Ognuno di noi, infatti, ascoltava della musica diversa da quella abituale: capirai, non è molto divertente suonare le stesse canzoni, tutte le sere, per più di un anno e mezzo. Questi ci ha dato nuova linfa e lo spunto per iniziare a scrivere “Beautiful Garbage”: alla fine della tournée avevamo due pezzi già pronti, “Silence is golden” e “Till the day i die”. Abbiamo iniziato a suonarli in studio, e ci siamo accorti che c’era un’ottima atmosfera tra di noi: registrarli, di conseguenza, è stato molto facile, ed è così che sono iniziati i lavori a “Beautiful Garbage”.

Come descriveresti, quindi, l’evoluzione che ha investito il sound dei Garbage ?
Questo è forse il disco più aperto e diretto che abbiamo mai registrato: le canzoni sono molto organiche, compatte, e soprattutto molto belle. Anche il titolo “Beautiful Garbage” ha a che fare con questo aspetto: ci piaceva il gioco di parole, perché nessuno penserebbe mai che la spazzatura possa essere bella… I testi che ha scritto Shirley (Manson, la cantante, ndr) sono i più belli che abbia mai prodotto, in assoluto: sono onesti, gli permettono di mettersi in gioco in prima persona. Per quanto riguarda l’aspetto meramente musicale, questo nuovo disco è molto più “suonato” rispetto ai precedenti: molte basi sono state registrate in presa diretta, molti errori sono stati lasciati nel missaggio definitivo, e l’utilizzo dell’elettronica è stato notevolmente ridimensionato. Adoro lavorare in studio, e questa volta mi sono proposto di avere un approccio meno mediato alla registrazione e alla produzione: questa volta siamo partiti dalle chitarre, dai suoni acustici, per la realizzazione delle canzoni.

Quindi il disco è nato “jammando” con la band, non lavorando su loop e campioni ?
Esattamente. Io mi sedevo alla batteria, con a portata di mano un campionatore. Lasciavo che il loop partisse, e pian piano tutti noi iniziavamo a seguirlo. Shirley iniziava a cantare una melodia, io accennavo un ritmo, altri inserivano un arrangiamento di chitarra. Continuavamo così per decine di minuti, finché il pezzo non prendeva forma. Il bello è che suonavamo sempre tutti assieme, ma non ci limitavamo assegnandoci ruoli predefiniti: io potevo suonare la batteria, la chitarra o il piano, o qualsiasi altra cosa che potesse permettermi di esprimermi al meglio.

Cos’è più importante, ai fini della personalità del sound di questo nuovo disco: il lato “acustico” o quello elettronico ?
Il lato acustico, senza dubbio. Abbiamo cercato di ridurre l’elettronica al minimo, nel senso di basarci il più possibile sui suoni generati dagli strumenti. Le drum machines e i synth sono molto poche rispetto al passato, in questo album ci sono molto arrangiamenti di pianoforte, di chitarra acustica e addirittura di archi. Abbiamo registrato il suono direttamente, in modo che venisse più organico possibile, per poi filtrarlo attraverso i computer e passarlo nei campionatori: non si tratta di snaturare delle sonorità, ma semplicemente di lavorarci sopra, di rileggerle per arricchirle.

Qual è stata la vostra influenza maggiore – musicalmente parlando – per “Beautiful Garbage” ?
Una combinazione di tutti i generi musicali ascoltati da noi in questi ultimi mesi, ovverosia…. Tutto. Phil Spector, i Beatles, Carpenters, Pretenders, Missy Elliot…

Immagino anche molto hip hop…
Soprattutto hip hop, ma più che altro old school, tipo le prime uscite della Def Jam. Tutta la musica black, in generale, come Diana Ross., ma anche il pop colto di David Bowie.

Com’è cambiato il tuo ruolo da batterista in questi tre album coi Garbage ?
Non sono un batterista “convenzionale”, nel senso che non necessariamente mi siedo alla batteria con le bacchette in mano: lavoro molto anche con computer e campionatori, Anzi, lo preferisco, visto che prima di un musicista mi considero un produttore. Per questo disco, addirittura, io mi sono limitato per la maggior parte a tagliare ed incollare campioni, perché un turnista si occupava di suonare materialmente la batteria. Questa volta mi sono cimentato più che altro con la chitarra e le tastiere, svincolandomi maggiormente dal ritmo in se, per avere un approccio più vario alla composizione.

Questo scrupoloso lavoro di post-produzione vi creerà problemi nel momento in organizzerete il live set di “Beautiful Garbage” ?
Si, sarà molto dura. Non suoneremo tutti i pezzi del disco nuovo, e quelli che suoneremo verranno assolutamente stravolti: ascoltandoli, ci sono pezzi che possono sembrare facili da rendere dal vivo, ma non è così, visto la grande varietà di strumenti e di suoni presenti in ogni singola canzone. Dal vivo, poi, non manchiamo mai di riproporre i pezzi vecchi e le hit più famose, come “Stupid girl”: questo semplificherà le cose, permettendoci una maggior concentrazione sui brani più difficili da riprodurre live.

Come produttore, qual è il tuo obbiettivo principale quando lavori al suono di una band ?
Il mio lavoro, in prima istanza, è rendere al cento per cento la visione e l’idea che la band vuole comunicare, e in secondo luogo quello di fissare la performance più emotivamente coinvolgente della stessa su nastro. E’ un lavoro che, psicologicamente, ti coinvolge moltissimo, ma che allo stesso tempo richiede una preparazione estrema. Molti produttori si preoccupano di avere un bel suono di batteria, altri preferisco concentrarsi sulle chitarre: io, invece, la penso in maniera diversa. Occorre infatti considerare quello che è lo stile della band nel suo insieme, per poi intervenire su ogni singolo elemento affinché si crei la coesione migliore tra tutte le parti. I producer migliori sono quelli che fanno suonare grande una canzone, non un assolo di chitarra.

Quale pensi sia il tuo miglior lavoro, come produttore, anche al di fuori dai Garbage ?
Difficile dirlo, è come chiedere ad una mamma quale sia il suo figlio preferito… Forse “Siamese dream” dei Pumpkins, perché è stato estremamente difficile rendere quello che Corgan e soci avevano in mente. Per quel disco abbiamo passato sei mesi in studio 16 ore al giorno tutti i giorni, è stato il lavoro più massacrante che abbia mai fatto: siamo letteralmente sopravvissuti a quel disco, ma il risultato è stato incredibile. “Siamese dream” è un disco che suona magnificamente.

Vista la tua esperienza, dove pensi che stia andando la corrente indie rock, in questi ultimi anni ?
Dieci anni fa c’erano i Nirvana, i Pearl Jam e tute queste altre band che hanno aperto una sorta di varco ai nuovi rockers alternativi. Oggi non ci sono più gruppi in attività, ma pochi sono riusciti ad avere un impatto così forte sul grande pubblico: oggi le radio sono monopolizzate dalle boy band e da produzioni miliardarie come i Limp Bizkit, che però aggiungono pochissimo a quanto già detto in ambito mainstream. Non penso, quindi, che la musica indipendente sia quella che trovi spazio sui media “istituzionali”: mi piace Joseph Arthur, ma non lo definirei un artista “radiofonico”. Sono affascinato dalla scena indie europea: adoro i Sigur Ros, anche se tra i miei preferiti, attualmente, ci sono gli americani At th Drive In, forse la miglior live band sulla faccia della terra.

Non pensi che il lo-fi e, più in generale l’home recording, possano essere una nuova frontiera per gli artisti ”non allineati” ?
Trovo grandioso che, al giorno d’oggi, una band possa registrare un disco spendendo quasi niente nella propria camera da letto. Dopo tutto, la musica proviene dal cuore: solo quello è importante. Affidarsi solo sulla tecnologia e sulle registrazioni “di lusso” vuol dire svuotare di significato quello che è lo spirito di ogni musicista: la tecnologia deve essere asservita in ogni caso alle emozioni. Penso oltretutto che queste nuove soluzioni siano artisticamente più democratiche, perché danno la possibilità di esprimersi al livelli anche discretamente alti ad un vasto numero di persone… E’ triste pensare che oggi, senza un singolo di successo, si venga totalmente ignorati dalle major: questo non ha ucciso il movimento underground, che continua a trovare ottime soluzioni alternative al mainstream. Tuttavia, basta un singolo di un band iper promossa per condannare al silenzio tutti gli altri gruppi. Non sto dicendo che la major siano la rovina della musica, perché se prendi anche il disco di Eminem e pensi alla qualità di fattura dello stesso, troverai che “The Marshall Mathers lp” è un album eccellente, ha uno stile inconfondibile…

Ti sei scoperto un fan di Dr Dre, quindi…
Assolutamente: lavorerei con lui anche domani. Ha quel quid in più che fa la differenza. Eminem, che per quanto mi riguarda, è un genio, è un suo prodotto a tutti gli effetti: sono un fan di Dr Dre.

Hai qualche altro progetto, al di fuori dei Garbage ?
A parte la mia attività di produttore ed il lavoro coi Garbage – che negli ultimi tempi mi ha portato via tantissimo tempo – ho una side band, un progetto molto divertente: suoniamo in piccoli locali, dove tutti vogliono cover di classici del rock. Noi abbiamo preparato un repertorio vastissimo, e facciamo delle serate “a richiesta”: se sei tra il pubblico, puoi richiederci la tua canzone preferita, e noi la suoneremo. O, per lo meno, cercheremo di farlo, visto che di solito facciamo a gara col pubblico per vedere chi è più ubriaco…

(Davide Poliani)

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