Dopo Francesco Renga, Rockol gioca a “Mosca cieca” con Roberto Cacciapaglia. “Ruby”, com’era chiamato sulle note di copertina di “Pollution”, il secondo album di Franco Battiato al quale Cacciapaglia collaborò quando aveva 20 anni, non è poi così diverso dal ragazzo di allora: per postura, capigliatura e - da quel che si può intuire - entusiasmo e voglia, anzi, bisogno di conoscenza. Anche se di anni oggi ne ha 49, e - fra le tante domestiche gioie che volentieri lasciamo all’intimità e al calore della sua vecchia casa milanese - si ritrova padre felice e orgoglioso di Angelica, la “Giulia” bionda del video di “Dedicato a te”, il brano-sorpresa che ha spinto Le Vibrazioni su su su fino alla vetta delle classifiche (e non è finita, perché la ragazza ci ha preso gusto, e una particina nel primo lungometraggio di Battiato - ancora lui… - “Perduto amor” le è valsa, massimo risultato con il minimo sforzo, l’immagine sul manifesto del film). Tornando a papà Cacciapaglia, dopo un lungo periodo passato dietro le quinte, per lui si sono di nuovo accese le luci dei riflettori: un album, “Tempus fugit”, uscito il 14 febbraio 2003, musica sacra per pianoforte, voce, violoncello e postazioni elettroniche, e il concerto pasquale di giovedì 10 aprile insieme a Gianna Nannini nella chiesa milanese di San Carlo al Corso. Non sembra certo ieri, ma neanche parrebbe così lontano quel lontanissimo 1975, quando Roberto, con “Sonanze”, diventò la piccola vedetta lombarda dei corrieri cosmici. E poi furono baci e furono sorrisi, le produzioni (le più impensate) e le pubblicità (le più impensate), la musica seria (mai seriosa, nonostante il diploma al Conservatorio) e il Mameli elettronico per la Rai. Insomma, fu la vita che scorreva e scorre semplicemente, leggera - chissà? - come la sua musica. Perché Cacciapaglia - ma non ditegli che il suo segreto è stato scoperto - vive e lavora su una mongolfiera.Track 1.
Vocette trattate, synth rotanti, un ritmo da non-riesco-a-tenere-fermo-il-piedino… Roby, assistito dalla gatta Jacopa nel grande studio appena un po’ fané, dove i computer convivono con un Revox che chissà quanti gli invidiano, apprezza ma non riconosce. O forse è di quelli che ricordano tutto, ma io per i nomi, oppure: io per i titoli…
“Uhm, non mi dispiace questa elettronica rough, poco leccata. Chi sono? Ah, gli Sparks… Beh, abbiamo qualcosa in comune: Giorgio Moroder non è italiano?”.
Proprio così, Roberto: il deus ex machina sonoro dei fratelli Mael è nato a Ortisei.
“Ma sono ancora loro?”. Sì, il pezzo è lunghetto, sette minuti e mezzo.
“Beh, paradossalmente all’epoca si era meno limitati, c’era molta più libertà”.
A costo di spararla grossa, si potrebbe trovare qualcosa di questo pop-rock elettronico in certe tue produzioni, per esempio l’album di Ann Steel dello stesso anno, il 1979, realizzato in famiglia con i testi di tua moglie Giada Manca di Villahermosa:
“Ann, chissà che fine ha fatto? Intanto il mercato francese è impazzito per lei. Ti ricordi ‘My time’? Beh, me l’hanno chiesto”.
E tu?
“Gliel’ho dato, cos’avrei dovuto fare?”
, e mostra un cd senza etichetta.
Track 2.
Voce di donna, batteria elettronica, pianoforte…
“Bello, le sonorità sono interessanti, però…”.
Però?
“Non mi riesce d’inquadrarla… ma in che lingua canta?”.
Canta in cinese, Roberto, o almeno dobbiamo fidarci. È la spiazzante Patty Pravo di “Ideogrammi”, l’album registrato a Pechino. La già citata Ann Steel e Amanda Lear, Roberta D’Angelo e Gianna Nannini, Giuni Russo e Alice: non avrebbe certo stonato, Nicoletta, nella tua variopinta galleria di ritratti femminili…
“Direi proprio di no, anzi, una volta, con Ivan Cattaneo, ci sono andato vicino…”.
Scusa se salto di palo in frasca, ma d’altro canto siamo qui apposta: serve una doppia personalità, per passare come se niente fosse da un concerto con il compositore e performer Terry Riley a un disco con la glamourosa Amanda?
“Perché dividere? No, anzi, fa tutto parte di uno stesso modo di lavorare”.
Per te, forse…
“Beh, può cambiare la funzione di un progetto musicale, ma nessuna schizofrenia, ti assicuro”.
Track 3. “I was, I am, I am to come, I was”: qui la donna non canta, recita. O forse non recita, canta, e comunque la si percepisca, la sua voce è uno strumento. Roberto non è perplesso, questa parola dev’essere rimasta chiusa fuori dal suo vocabolario, ma curioso sì. Non lo faccio penare oltre: è l’attrice greca Irene Papas, dal “mitico” doppio album degli Aphrodite’s child “666”. Di fatto è il primo solo di Vangelis, un signore che dovresti conoscere…
“Scherzi? E come non potrei? Oltretutto abbiamo qualcosa in comune, anche lui ha prodotto dischi pop, sicuramente Patty Pravo e Baglioni…”.
E un uso della voce così teatrale?
“Mi fa venire in mente il teatro di strada, le rappresentazioni del Living, ma anche certe cose del soprano Cathy Barberian”.
Track 4.
Una passi, ma due, eppure la seconda voce recitante non è nuova a Roberto…
“Bello, questo però lo conosco… Sette quarti, cinque quarti… certi tempi oggi sono impensabili. Dai, ricordami…”.
Sono gli Opus Avantra di Donella Del Monaco; qui convivono classica e lirica, pop e contemporanea, un po’ come nella tua musica…
“Mi ripeterò, ma penso ancora alla libertà fantastica che avevamo un tempo. All’epoca questo disco è stato registrato ed è arrivato nei negozi, oggi non metterei la mano sul fuoco…”.
Suona il telefonino: pause. È Battiato, non poteva scegliere un brano migliore per farsi sentire. E dà a Roberto la bella notizia che la foto della figlia Angelica è stata scelta per il manifesto di “Perduto amor”. Poi, spaparanzati nel salotto di casa, si brinderà. Ma adesso bisogna andare avanti: play…
Track 5.
C’è elettronica ed Elettronica. Questo frammento - meno di un minuto e mezzo - appartiene di diritto all’Elettronica. Brian Eno, Roberto… non ti senti un po’ come il figlio al cospetto del padre (ogni riferimento biblico, anche se “Tempus fugit”, è puramente casuale)?
“Beh, senza esagerare, sicuramente Eno è stato ed è una figura importantissima… Fammi tornare indietro negli anni, ai Roxy Music: allora era uno dei pochi ad avere il Vcs3, che quando Battiato riuscì a procurarselo, quasi ne uscì pazzo. È senza dubbio un innovatore, una sorta di ponte, un musicista di collegamento…” .
Track 6.
L’inizio è familiare, ma c’è qualcosa che non quadra: “Cavolo, non era così!”, sembra quasi che stia per dire. Ma quando entra la chitarra, gli occhi di Roberto s’illuminano:
“Questa è ‘Starless & bible black’, quello che abbiamo appena ascoltato è Robert Fripp, ma non sono i King Crimson”.
Certo che no: Craig Armstrong ha campionato la chitarra del Re Cremisi e l’ha ammantata (fin troppo, per la verità) di archi e tastiere.
“Bello, per carità, ma anche senz’anima. Non vorrei essere troppo duro, ma il momento migliore del brano è quando arriva il sample: non so spiegarlo, è come se sentissi la mano, il plettro sulle corde. Oggi tutto si può rifare, ma quando un suono è freddo, è freddo. Anche se è stato riprodotto con la massima fedeltà possibile. O forse proprio per questo motivo”.
Track 7.
Ora non potrai lamentarti: un pianoforte, punto e basta.
“Oh bella, mi ricorda qualcosa di mio, dall’album ‘Arcana’. Non è male, però…”.
Comunque non sei tu, ma Ryuichi Sakamoto, dal più minimalista dei suoi album, “Bttb”. A proposito, cosa ne pensi della sottrazione in musica?
“Trovo fantastico sottrarre invece di aggiungere. Ai nostri giorni è una gara a chi mette di più, una lotteria dell’effetto, e tutto diventa manipolazione, packaging”.
Sotto il vestito niente, insomma. O forse non c’è neanche il vestito, il re è nudo come mamma lo fece.
Track 8.
Ancora mani che scorrono su tasti bianchi e tasti neri,
“ma questo - posso dirlo? - mi piace di più”.
Dal minimalismo giapponese al minimalismo italiano: è Ludovico Einaudi.
“Bravo, trovo molto interessante il lavoro che sta facendo. Come apprezzo queste spinte verso l’essenziale”.
Con tutto il rispetto per Sakamoto, un tocco diverso, non trovi?
“Ludovico sa il fatto suo, adesso non perdiamoci in discorsi che rischiano di diventare antipatici…”.
Track 9.
“Ah, questo è molto più armonico… Strano, però. Si sente l’estrazione classica, ma c’è qualcosa che non mi torna… Un momento: questo, questo…”.
Questo è “Il nostro concerto” di Umberto Bindi, nell’omaggio del pianista Giancarlo Cardini.
“Cardini, Ballista, Canino… se non era l’uno era l’altro, o l’altro ancora… Quanti progetti a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta…”.
Un esperimento che - per associazione - mi fa venire in mente “Estate” suonata da Michel Petrucciani.
“Che canzone, ‘Estate’. Ma se vuoi il meglio, ascolta la versione di João Gilberto. Quanto al ‘Nostro concerto’, posso dire che la preferisco cantata da Bindi?”.
Track 10.
“Pater noster, qui es in coelis…”. Roberto ha un momento di esitazione, forse teme un subdolo tranello… Ma quale tranello: non siamo su Raiuno, questa non è “L’eredità” e soprattutto il sottoscritto neanche conosce Amadeus. Così, l’antico collaboratore di Battiato può permettersi di non riconoscere al volo il Maestro in “Gilgamesh” senza che mal gliene incolga. Risquilla il telefonino. Lupus in fabula? No, è solo l’ortopedico:
“Ho un ginocchio in disordine, mi sa che si dovrà operare. Sentirò male?”.
Non preoccuparti, in serie A dopo un menisco in artroscopia si torna a giocare in poche settimane, tu usi soprattutto le mani…
Track 11.
Di latino in latino.
“Questa qui però è musica sacra autentica, o sbaglio?”. Non sbagli, Roberto. L’autore si chiama Marco Frisina, anzi, don Marco Frisina, è il direttore della Cappella musicale lateranense e, fra le altre cose, ha scritto una canzone bellissima come “Magnificat”, che Mina ha inciso nell’album “Dalla terra”. Roberto ascolta cortesemente, ammette punti di contatto con Morricone, e - forse per dare un contentino all’interlocutore, che non ne ha poi tutto questo bisogno - promette che ne parlerà con don Luigi Garbini, il sacerdote responsabile del concerto insieme a Gianna Nannini nella chiesa di San Carlo:
“Voglio vedere se lo conosce”.
Track 12.
Voci celestiali, e già Roberto si trasfigura…
“Mi piace, cos’è?”.
Proprio Morricone, ma il Morricone contemporaneo, con testo di Pasolini.
“Interessante, ma se è per questo, di lui mi piacciono anche le cose scritte per il cinema, che so, ‘C’era una volta il West’. Alcune sono davvero belle”.
Da autore di musiche da film ad autore di musiche da film?
“Non esageriamo, le mie colonne sonore si contano sulle dita di una mano”.
Track 13.
Un altro coro, forse sto abusando della pazienza di Roberto… Tutta colpa di “Tempus fugit”, dei salmi 4 e 116 della Bibbia… “Fammi indovinare, anche questo viene dal pop”: indovinato, è Paul McCartney, dal non celebratissimo “Standing stone”. Ma perché i geni del rock devono cimentarsi in simili imprese?
“Non me la sento di giudicare, del resto McCartney non è il solo, ci si è messo anche Sting”.
Ha un animo buono, Roberto.
Track 14.
Lo strano collage a Cacciapaglia tutto sommato non dispiace. “Carino, cos’è?”.
Sempre Paul, qui alle prese con le sue aspirazioni sperimentali, “underground”, come le chiama lui; del resto, mica potevo farti ascoltare “Yesterday”.
“Perché no? La grande musica non ha confini, e quelli sono capolavori, canzoni straordinarie. Voglio spingermi oltre: i Beatles, ma anche Hendrix, sono classici nati. Allo stesso modo in cui è un classico nato Wolfgang Amadeus Mozart”.
Track 15.
Per essere “Satisfaction”, è “Satisfaction”, e del resto perché non i Rolling Stones dopo i Beatles? Il fatto è che questa versione è completamente trasfigurata.
“Trasfigurata, ma nonostante tutto rispettosa dell’originale. Chi sono?”.
I Residents.
“Ah, ricordo. Bravi, ci vuole coraggio, ma anche amore per mettere insieme una cosa del genere”.
Track 16.
Un bell’inizio alla Sigur Rós, ma se vogliamo essere pignoli, questi qui sono fra le influenze di Jónsi Birgisson e compagni. Roberto si rianima:
“Bello, molto bello”,
poi un fruscio sospetto - che i Mum volessero creare un effetto-graffio? - ci porta a parlare di vinile:
“Ne faccio una questione di memoria, non di nostalgia. E non credo che oggi ci sia una cura dei suoni inferiore a quella di trent’anni fa. Sono epoche diverse, e diversi sono gli strumenti, le macchine a disposizione. Non mi si può certo annoverare tra gli intransigenti del vinile, anche se di quell’epoca mi sono rimasti tanti bei ricordi”.
Jacopa striscia lungo una parete, da un manifesto la guardano i Popol Vuh.
Track 17.
Di Kraut in Kraut, questo brano servirebbe anche per parlare un po’ di pubblicità: dopotutto - come mostra il suo sito www.robertocacciapaglia.com - Roberto ne ha fatta una videata piena. Ma dai Kraftwerk si passa alla Ohr di Rolf Ulrich Kaiser, dalla Ohr a “Pollution”, e poi Cacciapaglia è uno che non sta mai fermo. Non estraneo al rilancio sanremese di Giuni Russo, ha già la testa a un’altra follia:
“Ivan Cattaneo vorrebbe incidere una cover di ‘Je t’aime moi non plus’.
Secondo te, chi potrebbe essere il partner giusto?”.
(Ivano Rebustini)
TRACKLIST
Sparks: “The number one song in heaven”
Patty Pravo: “Night calls”
Aphrodite's child: “∞”
Opus Avantra: “Rituale-Ashralem”
Brian Eno-J.Peter Schwalm: “Like pictures part#1”
Craig Armstrong: “Starless II”
Ryuichi Sakamoto: “Aqua”
Ludovico Einaudi: “Nefeli”
Giancarlo Cardini: “Il nostro concerto”
Franco Battiato: “Pater noster”
Don Marco Frisina: “Anima Christi”
Ennio Morricone: “Sciopero 3”
Paul McCartney: “Peaceful moment”
Paul McCartney-The Beatles-Super Furry Animals: “Free now”
The Residents: “(I can't get no) Satisfaction”
Mum: “The ballad of the broken birdie records”
Kraftwerk: “Expo2000”