Lentamente ma sistematicamente aumenta il numero degli adepti della conventicola - della quale sono fra i fondatori - dei cultori dei cosiddetti “dischi bianchi” di Lucio Battisti, quelli scritti con Pasquale Panella e pubblicati fra il 1986 e il 1994 ("Don Giovanni", "L'apparenza", "La sposa occidentale", "Cosa succederà alla ragazza", "Hegel"). E aumenta anche il numero di libri dedicati a quei dischi: da “Specchi opposti” di Ivano Rebustini (ne abbiamo parlato qui) a “L’ornamentale destino” di Lorenzo Alberti a “Da Don Giovanni a Hegel” di Alexandre Ciarla al più recente, questo “Lo spleen di Lucio”, che si propone come una “guida all’ascolto dei dischi bianchi”.
Anche l’autore di quest’ultimo testo dedica gran parte dei suoi sforzi, più che alle musiche delle canzoni (scritte da Battisti), all’esegesi e all’interpretazione dei testi, arrivando a decodificarli con molta sicurezza (pagherei per sapere cosa penserebbe del libro Pasquale Panella: perché Patrizi non fa ipotesi, ma esprime certezze, e chissà se sono condivise dall'analizzato): il retro di copertina enuncia testualmente "'Don Giovanni' è una riscrittura de 'I fiori del male' di Baudelaire cucita sull’icona di Battisti, 'L’apparenza' è una meditazione fenomenologica sulla scrittura, 'La sposa occidentale' una variazione a tema sulla figura femminile nell’opera di Baudelaire, 'Cosa succederà alla ragazza' un raffinato spin off di 'Ulisse' di James Joyce, 'Hegel' un pastiche che intreccia 'Finnegans Wake' di Joyce, 'Iperione' di Hölderlin e l’etica di Lévinas".
Personalmente confesso che il grande piacere che mi dà il frequente riascolto del corpus battistipanelliano è in buona parte dovuto al fascino fonetico delle parole scelte da Panella e meravigliosamente cantate da Battisti su musiche genialmente melodiche (lo so che molti non lo credono, ma sono quelli che si fermano al suono di superficie); un patrimonio di parole e frasi che considero alla pari con il Codex Seraphinianus - se non sapete cos’è leggete qui - e delle quali preferisco non conoscere, se mai l’avessero, un vero significato.
Mi accorgo adesso che avevo espresso più o meno lo stesso concetto sette anni fa recensendo il libro di Ciarla e tutto sommato mi fa piacere essere d’accordo con me. Ma questo non significa che non abbia apprezzato il lavoro di Francesco Patrizi, che è appassionato e approfondito e documentato; leggerlo non sarà comunque una passeggiata, non dite poi che non vi avevo avvertito...