“The Big Bad Blues” è il secondo album solista di Billy Gibbons, voce e chitarra dei gloriosi boogie-rockers texani ZZ Top, e segue “Perfectamundo”, pubblicato nel 2015. E tanto quello sorprese per le inaspettate atmosfere cubane che lo caratterizzavano, quanto questo è un ritorno a sonorità decisamente più risapute. Insomma: non c’è trucco e non c’è inganno, il titolo dell’album riassume alla perfezione il suo contenuto. Il caro vecchio grande sporco cattivo immarcescibile blues la cui apparizione nella vita dell’uomo si perde nella notte dei tempi. Non ne fa alcun mistero neppure il barbuto Billy che dichiara, ‘Abbiamo attraversato con successo le acque inesplorate dal sapore cubano di “Perfectamundo” e completato il viaggio. Il ritorno al blues è naturale’.
Infatti pare semplice e naturale tornare alle proprie radici e confezionare un album come questo “The Big Bad Blues”. In fondo non sembra proprio complicato mettere insieme un disco come questo: si scelgono un paio di classici di un gigante quale Muddy Waters (“Standing Around Crying” e “Rollin’ and Tumblin’”), se ne aggiunge uno di un campione di scuola Chess come Jerome Green (“Bring It to Jerome”), non va poi dimenticato quel tocco di rock’n’roll dei primordi che può dare Bo Diddley (“Crackin’ Up”), infine si condisce il tutto con una manciata di canzoni fatte in casa. Detto così pare davvero semplice, molto semplice. Perché è il blues ad apparire semplice. Troppo spesso però ci si dimentica che il blues è, prima di tutto, uno stato dell’anima e della mente. Per proporlo con una certa credibilità non basta davvero possedere soli tecnica e mestiere (e qui ce ne sono a pacchi), ci vuole anche e soprattutto il cuore. Il blues viene da dentro, devi esserne posseduto, altrimenti sa di nulla.
Il vecchio Billy – che ha una certa età, sono 69 a dicembre, non ha più voglia di sprecare il tempo impegnandosi in questioni di nessun interesse - quindi non perde tempo in inutili salamelecchi, mette in prima posizione nella tracklist l’esplosivo singolo “Missin’ Yo Kissin’”, brano firmato dalla moglie Gilly Stillwater, schiaccia a fondo sull’acceleratore, ti fa sentire immediatamente a casa e intuisci che i quaranta minuti seguenti saranno bene impegnati. Il fatto poi che le prime note di “Missin’ Yo Kissin’” echeggino “La Grange”, la hit più conosciuta degli ZZ Top, che a sua volta echeggiava John Lee Hooker…beh, che diamine, sarà mica un problema. Billy però non è solo, si è scelto compagni di viaggio periti e fidati per questa sua seconda scorribanda solista: i batteristi Matt Sorum (Guns N’ Roses, Velvet Revolver) e Greg Morrow, il chitarrista Austin Hanks, l'armonicista James Harman e il tastierista Mike Flanigin.
Si potrebbe dire che “The Big Bad Blues” può essere considerato tutto meno che una sorpresa e che non ci sia nulla di nuovo sotto il sole. Si può sostenere che da Billy Gibbons non ci si poteva che attendere un album di questo genere. Si può dire quel che si vuole, le opinioni possono essere le più disparate e tutte degne di rispetto, ma al fondo della questione quel che davvero è importante e che mette a zero la chiacchiera è che “The Big Bad Blues” è un bel disco.