Insomma: dei Collins c'è poco, di Hendrix qualcosina in più. Anche se, come osserva Charlie Bermant sul sito di No Depression, "Sally B" (ritratto velenoso di una politica senza tanti scrupoli in cui qualcuno ha voluto vedere riflessa Sarah Palin) suona come "se Noel Redding fosse di Seattle e Hendrix irlandese, invece del contrario" (Redding era nato nel Kent inglese, ma il concetto resta valido). E', quello, uno dei folk rock aspri e arcigni piazzati in apertura di programma a svelare il concept e il modus operandi del trio: dove il leader, guitar hero anomalo che non spreca una nota mettendo ogni assolo al servizio della canzone, sguinzaglia la sei corde elettrica su tracciati sinusoidali e scale impervie mentre i due compagni dialogano prendendosi libertà quasi jazzistiche che travalicano il ruolo dell'ordinaria sezione ritmica rock (Jerome, in particolare, è forse il miglior drummer che Thompson abbia mai avuto). L'immaginario di Thompson resta squisitamente British, per nulla riscaldato dalla Music City del Tennessee o dal sole della sua residenza californiana sulle colline sopra Los Angeles: ed è un paesaggio umido e tetro, domeniche di pioggia trascorse nel rimpianto e nell'uggia di una grigia città industriale (una nostalgica e deliziosa "Salford Sunday"), turni massacranti in fabbrica a maledire la propria esistenza prima che un robot ti rubi il lavoro per sempre ("Stuck in the treadmill", la più funky di tutte), mentre è intriso di black humour inglese anche il racconto dell'arrapato e sdentato vecchietto che in "Stony ground" sbava dietro una vedova non consenziente finendo massacrato di botte (Thompson è un maestro del racconto in musica, ma stavolta sembra svelare qualcosa in più di se stesso: ai dietrologi la scelta di decidere quanta autobiografia ci sia dietro i versi di "Saving..." e il senso di colpa per certi matrimoni mandati a monte...)
Materiale tipicamente thompsoniano, comunque, come il paio di ballate strappacuore che elevano il tono e il livello generale del disco: "My enemy", dov'è la delicata Siobhan Maher Kennedy, ex River City People, a contrappuntare il tono grave e baritonale di Richard, e "Another small thing in her favour", un "instant classic" che farà la gioia dei fan di lunga data anche se tutto o quasi, dopo tanti anni, rimanda a cose già sentite (la più inattesa, a proposito, è "Straight and narrow", saltellante garage beat con riff d'organo simil Farfisa che è una rarità nel catalogo). Posto strategicamente a metà della sequenza, anche il brillante jingle jangle di "Good things happen to bad people", pietra d'angolo e singolo di lancio del disco, rievoca l'attitudine pop rock di pezzi più o meno recenti come "Batsheba smiles" (da "Mock Tudor", 1999) o "Big sun falling in the river" (dal precedente "Dream attic", 2010).
A sessantatrè anni Thompson procede per piccole variazioni progressive, riservando le idee più eccentriche e originali ai suoi progetti collaterali (la rivisitazione storica e divertita di "1,000 years of popular music", il "folk oratorio" "Cabaret of souls" pubblicato su cd appena qualche mese fa: estratti da entrambi sono stranamente inclusi nella deluxe edition accanto a quattro