“Disco concepito e ispirato da Michael Jackson”, si legge appunto nel CD; le note consegnate ai giornalisti all’ascolto in anteprima a cui abbiamo partecipato (il disco uscirà in Italia il 10 dicembre, in America il 14) e gli appunti che completano il libretto hanno questo fine: raccontare la storia di questo gruppo di canzoni, di come sono state pensate e iniziate da Jackson e di come siano state portate a termine, secondo le sue indicazioni: manoscritti, chiacchierate con i produttori, ricordi…
E’ possibile riuscire in questo obbiettivo? Oggettivamente, no. Perché nessuno può essere nella testa dell’artista. E’ un male, ascoltare canzoni iniziate in un momento e finite successivamente? Certamente no. Anche se i puristi sono sempre in agguato, nella musica: è capitato persino a Springsteen, accusato – insensatamente - da alcuni fan di avere di rovinato le canzoni originarie del ’77-’78, completandole in prima persona per il recente “The promise”. Figuriamoci cosa potranno dire questi puristi di alcuni produttori che completano il lavoro iniziato da Michael Jackson.
Dietrologie a parte, le canzoni che compongono “Michael” – dieci – arrivano dall'ultimo decennio, con l’eccezione di “Much too soon”, brano conclusivo che arriva dalle sessioni di “Thriller”, malinconica ballata minimale che è molto diversa dal resto del disco. Infatti, pur trattandosi di brani a cui hanno lavorato diversi produttori, il tentativo di “Michael” è un po’ quello della copertina, collage di immagini delle diverse ere del Re del Pop: rappresentare le differenti anime sonore della sua musica.
Da questo punto di vista, è da manuale l’attacco di “Hollywood tonight”: batteria-basso-chitarra con uno scat vocale e i classici urletti; è quasi una sorta di manifesto che contiene tutti i marchi di fabbrica di Jackson. Il disco si apre con l'r’n’b di “Hold my hand”, prosegue con la coralità “Keep your head up”; torna verso l’r’n’b modernizzato con “(I like) The way you are” (già pubblicata in una raccolta del 2004, e qua aggiornata). Si arriva a ballare sul serio alla quinta canzone, con “Monster”, impreziosita dalla partecipazione di 50 cent , che venne contattato direttamente da Jackson; si riabbassano i ritmi con “Best of joy”, ballata che fu una delle ultime cose a cui Jackson lavorò prima di morire. “Breaking news” è una delle canzoni che farà più discutere: Jackson canta di se stesso in terza persona, della sua vita sotto il microscopio. Poi c’è spazio per il rock, con “I (can’t make it) Another Day”, in cui si sente la bella mano di
In definitiva, “Michael” è un’operazione riuscita: una manciata di ottime canzoni, forse con qualche minima caduta di tono, ma in generale completate come meglio non si poteva fare. Gli amanti di Michael Jackson ci troveranno tutto quello che cercano, e anche di più. I detrattori troveranno pure loro pane per i loro denti, è chiaro, ma l’avrebbero trovato anche se Michael Jackson fosse ancora vivo... “Michael” è sicuramente solo l’antipasto di quello che ci aspetta in futuro in termini di pubblicazioni inedite. Ma come antipasto è veramente succulento.