Ci si sono messi d’impegno: e l’occasione ne valeva la pena, perché “Disintegration” è un disco storico, forse il miglior esempio del suono “classico” dei Cure, che pure hanno svarionato parecchio nella loro carriera. Sono passati dalla new wave degli esordi, al suono cupo ed ossessivo e dark che è la loro immagine, al pop-rock, al pop puro, ad un sacco di altre cose. Ecco, in “Disintegration” c’è tutto, con canzoni tra le migliori mai scritte da Robert Smith: lunghe ballate influenzate dalla psichedelia, canzoni pop come “Love song”, giochi neo-gotici e come “Lullaby” (in cui il protagonista è un uomo alla mercé di un ragno), un lavoro incredibile sui suoni di chitarra, e un pessimismo cosmico che traspare fin dal titolo. Non c’è una canzone sbagliata in questo album, ed è sempre un piacere risentirlo… A maggior ragione con tutta la carne al fuoco messa qua.
Poi qualcuno potrà obbiettare che molte delle cose qua presenti non sono davvero rilevanti: 12 strumentali su 20 tracce nel secondo cd; i brani inediti cantati sono solo i tre finali, “Out of mind”, “Delirious nights” e “Pirate ships” (canzoni che, per motivi evidenti, vennero scartate: non sono male, ma sono davvero poco in linea con il resto dell’album). Insomma, il rischio è che si sia privilegiata la quantità, cosa che peraltro non fanno neanche molte ristampe.
Però è anche vero che tutto il materiale è molto interessante, anche le parti strumentali, delle quali diverse sono inedite. Certo, magari interesseranno di più i fan. Però “Entreat” da solo vale l’acquisto, per chi se lo fosse perso al tempo: con le 4 canzoni aggiunte alla versione originariamente messa in commercio nel 1989, è l’intera riproposizione “live” di “Disintegration”.
Tirando le somme, questa “Deluxe edition” è una buona ristampa di un grande disco. Un’ottima occasione per riscoprirlo, come si dice in questi casi.