Sia quel che sia, e voci a parte, questo album non sposta granché il tiro. The Dream , che ha co-prodotto diverse canzoni- dice che l’intenzione era di fare un greatest hits fatto di canzoni nuove. E si può dire che il risultato è pienamente centrato. Ma non è necessariamente un bene: il repertorio di questo album (17 canzoni, anche se ci sono diversi “preludi”, “reprise”, etc.) è rappresentativo della carriera di Mariah, divisa tra ballate raffinate – come la rilettura di "I want to know what love is", cover di un brano dei Foreigner del 1984 che chi è cresciuto negli anni ’80 si ricorderà - e i brani più ritmati, che ammiccano all’hip-hop e all’r’n’b contemporaneo. Uno dei pochi momenti in cui su vira decisamente in questa direzione è il primo singolo “Obsessed”, che infatti non ha fatto molto bene. Il resto dell’album usa l’elettronica, sì, ma con discrezione, tenendosi rigorosamente alla larga da certo r ‘n’ b contemporaneo alla Timbaland . Il mega-produttore, si dice, pare abbia lavorato ad una canzone per questo disco, ma alla fine è stata lasciata fuori dalla tracklist finale: qualcosa vorrà pur dire.
Billboard ha scritto che “Memoirs” è un ritorno alle radici r'n'b, un abbandono di del “teen pop” dei dischi precedenti. Vero, ma di fatto poi la sostanza cambia poco: il focus è sempre e soltanto sulla melodia, sulla voce, sul modo di metterla in risalto. I testi sono spesso autoreferenziali (“Obsessed”) e/o iper-romantici. La produzione è pulitissima, pure troppo per i gusti di chi scrive, ma questo è quello che piace agli amanti del genere: ancora una volta, la “I want to know what love is” è il miglior/peggior esempio in questo senso, con quei cori che si fondono con i ben noti acuti di Mariah.
Insomma: nulla di nuovo sotto il sole. “Memoirs of an imperfect angel” è un disco più che dignitoso, per chi apprezza il genere. Gli altri continueranno a non sopportarla, ma anche questa non è una novità.