Nella critica e nel giornalismo musicale anglosassone si usa utilizzare l'espressione “turning point records” per identificare quei dischi che rappresentano un punto di svolta non solo nella storia artistica di una band o di un cantante, ma proprio per un intero genere e nella storia del pop-rock. La gran parte di questi dischi sono stati anche dei grandi successi commerciali, ma le storie più interessanti sono quelli che riguardano i “turning point records” invisibili, ovvero quelli che per vari motivi non hanno avuto successo di pubblico – e a volte anche di critica – e, pur essendo dei dischi importanti, sono spariti dai radar. E' il caso del disco del 1973 “Buckingham Nicks” che è stato ristampato e rimasterizzato lo scorso weekend dopo oltre 50 anni.
La storia del disco
Siamo nell'estate del 1973 e Mick Fleetwood, batterista e leader dei Fleetwood Mac, è a Los Angeles alla ricerca di un nuovo chitarrista che faccia svoltare la band. Mentre si trova ai Sound City Studios si trova ad ascoltare le sessioni di registrazioni dell'esordio solista del chitarrista Lindsey Buckingham e della sua fidanzata Stevie Nicks e rimane impressionato dalla tecnica chitarristica e dalla voce di lui. E quindi durante le registrazioni inizia a farci amicizia. Il disco, nonostante la qualità delle canzoni, dell'esecuzione e della registrazione, la bella presenza dei due e la raffinata produzione di Keith Olsen (futuro produttore dei Fleetwood Mac) si rivela un flop sul mercato. Così Lindsey Buckingham decide di accettare l'invito di Mick Fleetwood a condizione però di includere anche la fidanzata Stevie come voce femminile. Il batterista essendo rimasto colpito dall'impasto vocale e dalla chimica dei due, acconsente. Il resto è storia e milioni di copie vendute dei dischi di Fleetwood Mac a partire dal disco eponimo del 1975 (recensito qui) e dal disco dei record “Rumors” .
Per tutta una serie di motivi dovuti all'insuccesso del disco e alla nuova vita artistica dei due, “Buckingham Nicks”, che conteneva il DNA dei nuovi Fleetwood Mac, scomparve dal mercato: fino a ieri l'originale LP era introvabile, non è mai stata pubblicata una versione CD, non era sulle piattaforme ma c'era solo un ripping di bassa qualità su YouTube. Così, dopo una brillantissima rilettura dell'anno scorso ad opera di Madison Cunningham e Andrew Bird (“Cunningham Bird”) ecco che esce in tutti i formati e in digitale la versione rimasterizzata.
L'ascolto del disco oggi
Ma parliamo di quest'album che, nonostante sia trascorso mezzo secolo, ancora oggi risulta affascinante sia per le canzoni in sé sia per ciò che hanno generato negli anni successivi. Le armonie delle 10 tracce sono straordinare e le melodie si incastrano come le due facce di un cuore spezzato.
I brani più pop saltano subito all'occhio, come il delizioso brano soul à la Laurel Canyon "Crying in the Night" dove la Nicks sfoggia un tocco vocale leggero e "Don't Let Me Down Again" di Buckingham, un rock incalzante con un raffinato lavoro di chitarra. Le ballate soft rock si dimostrano altrettanto orecchiabili, in un modo più misurato:"Without a Leg to Stand On" di Buckingham è l'archetipo su cui costruiranno la carriera gruppi come gli America, mentre "Long Distance Winner" e "Races Are Run" di Nicks prefigurano alcune delle sue intramontabili canzoni per i Mac, pur mantenendo un piede nella scena cantautorale di fine anni '60, inizio '70. Anche i testi di queste due canzoni contengono dei temi che poi ritroveremo nella vita e nell'arte dei due dentro la band, come quello del successo e del fallimento (“Long Distance Winner”) e il sacrificio della vittoria (“Races are run”), mettendo subito in prima linea la tensione latente tra i due.
Buckingham sfoggia in molti passaggi la sua natura virtuosistica alla chitarra, tra pizzicati con le dita e abili giri armonici – in particolare nella strumentale “Stephanie”, una canzone d'amore dedicata alla Nicks con armonici delicatamente dolci. La stessa Nicks mostra subito in questo disco un approccio vocale molto ampio ed emozionale, che va dal dolce al suo tipico tono roco.
Ma è il pezzo che chiude l'album a lasciare il segno: in “Frozen Love”, un maestoso pezzo dove le voci danzano l'una intorno all'altra a cui si aggiunge la chitarra acustica di Buckingham venata di flamenco, un crescendo orchestrale e la straripante chiusura con l'elettrica. Qualcuno potrà vedere in questo pezzo un lontano precursore di “The Chain” contenuto in “Rumors”. E sembra infatti siano state proprio le prove di questo pezzo a cui assistette Mick Fleetwood e che lo convinsero a portare i due dentro la sua band.