Jack White ha rinnovato il suo look e si è presentato ai nastri partenza del 2022 con i capelli blu. Il 2022 è l'anno del suo ritorno al centro della scena musicale con delle opere di prima mano. Sì, il plurale non è usato a caso, sono due gli album che il musicista di Detroit ha annunciato in uscita per l'anno in corso: "Fear of the Dawn" e, verso la fine di luglio, "Entering Heaven Alive". Da quello che è dato sapere quest'ultimo sarà più tradizionale nei suoni e nella forma, mentre "Fear of the Dawn" si muove nel solco dell'ultimo passo della sua storia solista: l'immaginifico, sorprendente e stordente “Boarding house reach”, pubblicato quattro anni fa, dove Jack mise mano al caos sonoro da lui stesso creato e, forte del suo talento, riuscì a dargli un ordine, a stupirci e a ribadire quale grande musicista sia. Una mossa che gli valse in eguale misura applausi e fischi.
Passato e futuro
Quindi chi avesse trovato indigesto il precedente album di Jack White è avvisato per tempo, perché John Anthony Gillis non ha ancora finito di esplorare i luoghi sconosciuti del suo pianeta (Third Man Planet?), di cercare la sua verità creando degli ibridi di nuova concezione, di sperimentare nuove forme di espressione musicale, di viaggiare nel futuro nonostante sia il primo paladino della salvaguardia del vinile. "Taking me back", il primo singolo e brano di apertura del disco, è buon manifesto di ciò che seguirà: musica pesante con qualche vago inserto prog. Senza soluzione di continuità subentra l'ossessiva e claustrofobica title track e poi, ancora, "The white raven" che non porta requie, anzi conduce verso i luoghi dove prospera l'industrial. "Eosophobia" è una jam tra lo schizofrenico e lo psichedelico con spruzzate di dub, quasi un gioco, che evidentemente è tanto piaciuto a Jack da essere ripresa qualche traccia più avanti per darci nuovamente dentro di chitarra, a suo modo pop e affascinante. "Into the twilight" chiama in causa i Manhattan Transfer, un lavoro di samples che è tutto dire. Il sample, di Cab Calloway, è spunto per “Hi-De-Ho”, traccia in cui compare il rapper Q-Tip, in un album che altrimenti – come da abitudine – è un lungo assolo di Jack che l'ha prodotto, suonato quasi nella sua completezza. “That Was Then, This Is Now” è cadenzata da un riff in puro stile Jack White. Accade una cosa strana sul finale, “Morning, Noon and Night”, convoglia su di sé l'attenzione essendo l'unica canzone che si possa definire tradizionale, accomunando in questo suo banale destino anche "Shedding my velvet" che ha il compito di chiudere.
Emozione e sofferenza
Confesso di avere un debole per Jack, di non riuscire mai a dirgli di no, di schierarmi a priori al suo fianco e di seguirlo alla stregua di un ratto dietro al pifferaio di Hamelin. Insomma, sono di parte. Confesso quindi di avere apprezzato "Fear of the Dawn" (però avevo apprezzato di più “Boarding house reach”, forse là aveva giocato a favore l'effetto sorpresa), ma dopo tutti questi giri sull'ottovolante attendo con una certa serenità d'animo, questa estate, il prossimo "Entering Heaven Alive". Qui la parola 'paura' nel titolo (e una copertina dai toni oscuri e sinistri), mentre là fa bella mostra quella 'paradiso'. Non so che dire, potrebbe essere una questione legata all'età. Quella roba che si dice del nascere incendiari e finire pompieri. Jack White con te va sempre a finire che non si può rimanere indifferenti, ed è un gran complimento.