Mezzosangue: "Un nuovo album libero e di pancia"
“‘Viscerale’ è il frutto di un bisogno di tornare a scrivere, libero, a essere diretto oltre le aspettative e i giudizi, prima dei freni personali, come dalle viscere, come essere a casa”, racconta Mezzosangue nel presentare il suo nuovo album. È un disco che colpisce al volto, che affronta le pressioni e le attese del pubblico, mettendo in luce il peso delle opinioni esterne, e, nel suo essere nato senza briglie e senza progetti alla base, è anche un simbolo intrinseco di libertà artistica. Il viaggio musicale è orchestrato da Yazee, G-laspada, Verano, Mr. Monkey e dallo stesso rapper mascherato. È un album denso, autentico, sotto la bandiera di uno spirito underground aperto, mai chiuso in se stesso, e soprattutto selvaggio. È come una bestia feroce che non può essere addomesticata. Qui il tour in cui verrà presentato.
Questo è un album evidentemente figlio di un percorso. Volevi tornare a qualcosa di primordiale?
Per la prima volta è un progetto che non ho pensato. È nato da sessioni con diversi produttori, non ho elaborato un concept prima delle canzoni. Ho lasciato che i brani uscissero, liberamente. Poi, mettendoli tutti insieme per capire che cosa mi stessero dicendo, mi sono reso conto di essere davanti esattamente a quello che sono oggi.
Cioè?
Viscerale. È la parola che mi caratterizza di più e che mi ha sempre caratterizzato. Una profondità in altezza. Una forza di pancia. È quello che sono sempre stato.
Volevi recuperare l’istinto nel fare musica?
Sì, volevo viaggiare lontano dai costrutti che si generano in testa. Volevo dare spazio alla pancia.
Che cosa hai scoperto andando o tornando in profondità?
Che mi diverto di più. Il piacere di mettersi a fare musica diretta genera bellezza. E questo disco è stato mosso dalla ricerca costante di bellezza.
È un disco, a tratti, molto arrabbiato. La copertina con te seduto, in un momento di calma, con un cane, è bugiarda?
La copertina rappresenta un mio momento interiore, non tanto di pace, quanto di sicurezza. È come dire: mi siedo e faccio i conti con me stesso. Alcuni l’hanno interpretata in modo interessante, come una fotografia della “calma prima della tempesta”. La sicurezza deriva dal piacere di realizzare progetti così.
Anche a livello di scrittura sei stato più libero?
È stato diverso. Mi sono solo detto: butta fuori quello che hai dentro e racconta quello che ti interessa. “Sai se”, per esempio, riflette sul complottismo e sulle conseguenze che ha sulla società. È nato parlando con i miei amici. Alla fine del discorso, mi sono detto: “questo argomento lo voglio sviscerare”. Nessun brano è stato pensato prima, a tavolino.
Questo è un album più di “io” o più di “noi”?
A metà disco pensavo ci fosse più “io”, però siamo in un mondo iper-connesso, quindi il contesto sociale non può essere escluso. Il disco parte con “Viscerale”, che è una critica allo sguardo a volte superficiale del pubblico, “Idiocracy” è un attacco alla scena, "Kenny Wells", che si ispira al personaggio del film “Gold - La grande truffa”, chiude un po’ il cerchio. In quest’ultimo pezzo si invita a continuare a insistere, a essere e a esistere, nonostante la grande truffa che abbiamo intorno.
Il giudizio del pubblico ti condiziona?
Vorrei dirti di no, ma è così. La maschera mi aiuta, non ho un riconoscimento pubblico nella realtà, ma sui social è tutto più complesso. Se le aspettative arrivano a fare del male, allora io mi ci schianto contro, come fossero un muro. In questo disco ho proprio fatto così, quel tipo di pressione l’ho trasformata in qualcosa di potente, di dirompente, per fare quello che volevo, senza seguire condizionamenti esterni.
“Valzer” con Nayt parte con un campionamento di Orietta Berti, nello specifico di “Non ti lascerò”.
Prendere brani già cult e campionarli, spesso, non aggiunge nulla. A noi interessava campionare qualche cosa di particolare, di unico, per parlare di gelosia e relazioni, creando un cortocircuito. Il campionamento è utile anche per riscoprire pezzi della nostra storia.
Marracash, del campionamento di brani italiani, anche più nascosti, ne ha fatto un marchio di fabbrica.
Abbiamo una cultura musicale enorme, possiamo andare davvero a recuperare brani bellissimi, in America lo fanno con la black music, noi possiamo farlo con il cantautorato. Credo che, piano piano, questa idea del campionamento di vecchi brani sarà sempre più diffusa.
C’è un feat inaspettato: Icaro.
È un artista vero, che seguo da parecchio. È un nerd della musica. L’ho voluto per questo. Completa il tutto: Nayt è un amico, abbiamo uno stesso approccio. Gemitaiz ha la giusta attitudine per questo disco: è proprio un “faccio quello che voglio”.
Avete mai pensato di fare un joint album con Nayt?
Sì, è un discorso che è uscito. Ci abbiamo pensato. Vedremo se ci sarà modo, per me sarebbe qualcosa di enorme.
Con questo album hai voluto rompere delle catene per raggiungere una sorta di nuovo inizio. Il pubblico oggi ricerca maggiormente quella verità che anche tu hai inseguito?
Credo di sì. E si vede anche nelle nuove generazioni di rapper, non solo negli ascoltatori. Il mercato è inflazionato, escono venti nuovi artisti a settimana. L’unica salvezza è non omologarsi, è spiccare per originalità. In questo mare, solo chi porta avanti qualche cosa di autentico rimarrà a galla.