I Kula Shaker tornano in Italia dopo i loro concerti di Maggio a Milano e Roma (Leggi qui recensione). Sabato 29 giugno, alle 21.30, la band cult che ha saputo intrecciare psichedelia e raga-rock, fino ad approdare al post del Britpop, è ospite del Ravenna Festival per il secondo appuntamento al Pavaglione di Lugo.
In formazione originaria degli splendidi albori, i Kula Shaker (Leggi qui intervista) presentano il loro settimo album in studio, “Natural Magick”, uscito a febbraio: “Questo capitolo nella vita della band è fortemente guidato dall’energia che si crea ai nostri concerti e dalla connessione che si instaura con il pubblico – spiega il loro leader Crispian Mills – È molto simile al modo in cui abbiamo registrato il nostro disco di esordio K nel 1996, quando avevamo solo mezz’ora di tempo per stupire la gente e registravamo gran parte dell’album in tour tra uno show e un altro”. Accanto a Mills, chitarra e voce, Jay Darlington all’organo Hammond e alle tastiere, Alonza Bevan al basso e Paul Winter-Hart alla batteria.
Con due muse come il rock psichedelico e l’India, meta di un pellegrinaggio che ha folgorato l’allora ventenne Crispian Mills, il leader dei Kula Shaker è forse nato un quarto di secolo troppo tardi, anche se probabilmente nel posto giusto. Norwood Green, il sobborgo londinese dove Mills è cresciuto, vanta una radicata comunità indiana: tra immagini di Krishna e Bollywood e l’aroma delle spezie, era destino. La fascinazione per la musica e la filosofia indiane, combinata a una miscela di Beatles, Pink Floyd, Grateful Dead e Jimi Hendrix, si è inserita con molta facilità e poca filologia nell’esplosione commerciale del Britpop a metà anni Novanta. Erano quelli gli anni in cui la reazione a catena del Britpop innescata dai Suede e continuata con l’eterno duello fra Blur e Oasis stava lasciando spazio a una nuova onda (Radiohead e The Verve). I Kula Shaker si sono imposti con trascinanti numeri raga-rock come “Tattva” e “Govinda”, preludio alla consacrazione di “Hush”, che rifecero trent’anni dopo i Deep Purple.
“Natural Magick” (Leggi qui recensione), nelle sue tredici tracce, incanala al meglio quell’esplosiva energia live di cui è capace la band.
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