È venuto a mancare all'età di 61 anni Steve Albini, noto soprattutto per essere stato il cantante e chitarrista degli Shellac, oltre che per aver lavorato come produttore di grandi artisti, tra tutti i Nirvana, di cui produsse "In utero".
La notizia è stata inizialmente data da "Pitchfork", prima di venir confermata dallo staff del suo studio anche a "Consequence". Stando a quanto riferito, l'artista sarebbe stato colpito da un attacco cardiaco mentre si trovava al lavoro presso i suoi studio di Chicago, gli Electrical Audio.
Figura di culto nel rock alternativo americano, arrivando negli anni Novanta a definire il suono del grunge e del post-punk, Albini nel corso della carriera lavoró come produttore a centinaia di album, compresi "Surfer Rosa" dei Pixies, "Pod" delle Breeders, "Things We Lost in the Fire" dei Low e "Rid of Me" di PJ Harvey.
È stato anche apprezzato come chitarrista, prima con i Big Black e i Rapeman, e poi soprattutto con gli Shellac, con cui aveva inciso sei lavori di studio: il più noto, "At Action Park", era del 1994.
Lo scorso anno si era raccontato in un bellissimo articolo del Guardian, qui ripreso da Rockol.
Gli Shellac avevano annunciato lo scorso 21 marzo la pubblicazione di un nuovo album di inediti in studio, "To All Trains", il primo dopo dieci anni, per il prossimo 17 maggio. La band figurava nel cast della prossima edizione del Primavera Sound, in programma tra i prossimi 29 maggio e 2 giugno a Barcellona. “Siamo senza parole”, hanno fatto sapere, per mezzo di una nota ufficiale, gli organizzatori del festival: “Steve Albini ci ha lasciato a 61 anni. Abbiamo perso una leggenda della musica, ma soprattutto un amico. (...) è molto difficile per noi immaginare un Primavera Sound senza di lui, perché nessuna band ce lo spiega meglio degli Shellac. Tutto il nostro amore per la tua famiglia e i tuoi amici”.
Albini, che ha sempre rifiutato la qualifica di produttore preferendo accreditarsi come “tecnico del suono”, deve la sua fama presso il grande pubblico proprio al suo lavoro in sala di incisione, caratterizzato da una filosofia estremamente chiara e intransigente. Nella seconda metà degli anni Ottanta ha contribuito alla realizzazione di “Strange, I…” degli Urge Overkill (con lo pseudonimo di Li'l Weed) e degli alfieri di quello che qualche anno dopo sarebbe passato agli annali come post-rock Slint, per l’album “Tweez” (come “some fuckin' derd niffer”). Porre la firma su “Surfer Rosa”, il primo, folgorante album dei Pixies, gli vale la stima dei big della scena alternative a stelle e strisce, portandolo a collaborare con - tra gli altri - Jesus Lizard, Jon Spencer (sia con i Pussy Galore che coi Boss Hog, oltre che - ovviamente - con i Blues Explosion), fino ai Nirvana, il cui leader Kurt Cobain - grande fan dei Pixies - lottò con la Geffen Records per averlo in cabina di regia durante le session di lavorazione di “In Utero”.
Genio non allineato, estremamente eclettico - alla carriera musicale seppe affiancare quella di food blogger e di campione di poker, arrivando a occupare la dodicesima posizione nel ranking mondiale della World Series of Poker Seniors Championship - Albini nel 1993 firmò il saggio “The Problem with Music”, atto d’accusa lucido ed estremamente circostanziato rivolto alle pratiche messe in atto dalle major nei confronti degli artisti (disponibile a questo indirizzo in versione integrale).
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Tra i primissimi a ricordare Albini sono stati i Pixies: