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La serie TV su David Beckham e la musica britannica nei '90

Tra gli intervistati c'è anche Peter Hook, che dice "Con Beckham i calciatori divennero rockstar".
La serie TV su David Beckham e la musica britannica nei '90
Credits: Netflix

Salgono i decibel all’Old Trafford”, recita lo speaker in un vecchio filmato d’archivio, mentre i Red Devils di Sir Alex Ferguson entrano in campo, arrivando dagli spogliatoi. La stagione è la 1996-1997: quella della consacrazione definitiva di David Beckham. E mentre partono le immagini di alcune fenomenali giocate di quel centrocampista biondo, poco più che ventenne, che da bambino lasciò la natia Londra per crescere nelle giovanili del Manchester United, in sottofondo risuonano le note di “Supersonic” degli Oasis. Da un lato il giocatore destinato a diventare la stella del calcio britannico più brillante della sua generazione, dall’altro la rock band che - partendo proprio da Manchester - più di tutte incarnò l’entusiasmo e l’ottimismo verso il futuro della società britannica dopo anni duri e difficili: è subito pura Cool Britannia. “David Beckham”, la serie Netflix diretta da Fisher Stevens che sta conquistando pubblico e critica, non è solamente una sintesi emozionante e avvincente della parabola umana e calcistica dell’ex calciatore inglese, ma anche un viaggio nella storia della musica britannica degli Anni ’90. Brit pop, ma non solo.

La musica rappresenta una componente importantissima nei quattro episodi della serie, 282 minuti in tutto. Non poteva che essere altrimenti, per ovvie ragioni: a “Supersonic” degli Oasis le Spice Girls rispondono subito, nel primo episodio, con “Spice up your Life”, il primo singolo estratto dal secondo album della girlband che rivoluzionò la discografia britannica di fine Anni ’90, “Spiceworld”. “La vide in tv e impazzì”, ricorda Gary Neville, ex compagno di squadra di Beckham, alludendo naturalmente a Victoria. “‘Vedi quella? Me la sposo’, gli dissi. Insomma, si scherzava. Ma io gli dissi proprio: ‘Sposerò quella, la Posh in abito nero’”. Il primo incontro tra David e Victoria, coppia destinata a diventare oltremanica più celebre e influente degli eredi al trono d’Inghilterra, avvenne nel marzo del 1997: “Andammo a una partita e ci fecero entrare in campo nell’intervallo. Ma tutta la mia famiglia tifa Liverpool. E il Manchester United era un club nient’affatto gradito”, racconta Melanie C, compagna di Victoria nelle Spice Girls. “Nello spogliatoio prima della partita mi dissero che c’erano due delle Spice Girls. Chiesi quali fossero e mi dissero: Sporty e Posh. Risposi: ‘Ottimo’. E scesi in campo”. David, che all’epoca aveva 22 anni, conquistò subito Victoria, più grande di lui di un anno: “Scrissi il mio numero su un biglietto, perché quel giorno presi un aereo. Con la frase: ‘Faresti meglio a chiamarmi’. Ma non ero una di quelle che si interessano ai calciatori perché sono famosi. Non vorrei sembrare arrogante, ma io già lo ero”. Eccome, se lo era.

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Le Spice Girls avevano debuttato nell’estate del 1996 con l’iconico singolo “Wannabe”: l’album di cui faceva parte la hit, intitolato semplicemente “Spice”, aveva venduto oltre 20 milioni di copie a livello mondiale, facendo di Victoria Adams, Melanie Brown, Emma Bunton, Melanie Chisholm e Geri Halliwell le paladine delle adolescenti degli Anni ’90 di tutto il mondo. “Il nostro scopo era dimostrare che le ragazze sono migliori dei ragazzi. Quello che creammo fu straordinario. Saltavamo sui tavoli come delle scalmanate”, ricorda Victoria, mentre viene mostrato il celebre video di quando la girlband “molestò” il principe Carlo, tra i momenti cult della storia britannica di quel decennio pazzo che furono gli Anni ’90. L’album “Spiceworld”, contenente la già citata “Spice up your life” (ma anche successi come “Too much”, “Stop” e “Viva forever”), alla fine dei conti raggiungerà quota 14 milioni di copie vendute a livello mondiale.

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Ma gli Anni ’90 non furono solamente gli anni degli Oasis o delle Spice Girls. Nel primo episodio della serie si sente “Gangster trippin'” di Fatboy Slim, altro grande protagonista musicale di quel decennio. Nel secondo compaiono i Blur di “Sing” (1991) e gli Ocean Colour Scene di “Hundred mile high city” (1997). L’Haçienda già dalla fine degli Anni ’80 era diventato l’epicentro della scena musicale di Manchester (sul palco del nightclub, demolito nel 2002, debuttarono diversi artisti, da Laurent Garnier ai Chemical Brothers): “Adoravo Manchester, era una città molto vivace. Ma all’Haçienda credo di esserci andato giusto un paio di volte”, dice Beckham. E tra gli intervistati compare a sorpresa anche Peter Hook, fondatore dei Joy Division e dei New Order, che sottolineando l’impatto di quel centrocampista biondo capace di unire con il suo talento e il suo carisma sport e cultura pop e di farne un’unica cosa, dice: “In città eravamo noi musicisti ad essere le star. Insomma, in quel peridoo con l’Haçienda era tutto incentrato sulla scena musicale di Manchester e i suoi musicisti: Stone Roses, Happy Mondays, Oasis. Quando la stella di Beckham inizio a brillare, cambiò tutto. I calciatori divennero rockstar”.

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