Pinguini Tattici Nucleari: “Mai avuto paura di definirci pop”

Intervista alla band italiana con più spettatori live, orgogliosamente pop, "genere sottovalutato"

80mila spettatori solo a Campovolo lo scorso settembre: è il massimo risultato di sempre per un singolo concerto per una band italiana. I Pinguini Tattici Nucleari sono uno dei due nomi ad avere ottenuto la certificazione Diamante della Siae per i concerti nella stagione 2022-2023: ma la soglia, 300.000 spettatori, l’hanno quasi doppiata: 570mila spettatori per il tour negli stadi di "Fake News".
Eppure per loro i record non sembrano essere importanti: “Sui numeri non insistiamo tanto perché non ci piace pensare di essere una multinazionale, ma ci piace pensare di poter accogliere più persone possibile”, racconta Riccardo Zanotti a Rockol. Altro che vacanza, dopo un tour così: dopo il recente singolo "Nightmares" con Bresh (arrivato al numero 1 anche quello), c’è in programma una versione indoor del tour di “Fake News” per la prossima primavera: una trentina di date, già quasi tutte sold out. In mezzo, tra qua e la primavera, nessun programma preciso: “Pensa che sono in studio, a scrivere nuove cose a caso. La cosa migliore, ho scoperto, è scrivere senza sapere se lo fai per te stesso o per altri, per il gusto di farlo”.

Normalità o eccezione?

“Abbiamo sempre saputo che nel live risiede la nostra maggiore forza come band, più che in studio dove scrivo soprattutto io e poi porto le canzoni agli altri”, racconta Zanotti, frontman e autore del gruppo, formato con Elio Biffi (tastiere), Nicola Buttafuoco (chitarra), Matteo Locati (batteria), Simone Pagani (basso) e Lorenzo Pasini (chitarra). "Ci speravamo davvero, ma gli stadi sembravano un sogno irraggiungibile".

Zanotti spiega che essere costantemente sottavalutati ha aiutato i Pinguini: nel 2020 arrivarono a Sanremo accolti da un “Chi sono?”, ma avevano il Forum di Assago già esaurito, e “Ringo Starr” arrivò terza. La pandemia cambiò la traiettoria del gruppo, ma non di molto: i concerti del 2020 sono stati recuperati nel 2022, diventando molti di più: “Cambiano i numeri, ma non cambia l’attitudine”, spiega a Rockol Gianrico Cuppari, manager della band. “Poi ovvio che con questi numeri è tutto più delicato. Ma il lavoro in sé è sempre centrato sull’attenzione alla proposta artistica, al pubblico, ai dettagli”.

Il racconto dei Pinguini è quello dei ragazzi di provincia che ce l’hanno fatta, quelli “normali”. Ma è davvero così? "Non voglio dire che siamo diversi perché siamo normali, non voglio fare questo giro...”, riflette Zanotti. “Abbiamo portato qualcosa di fresco, ma essendo ben radicati nella tradizione della canzone italiana, e forse per questo suona un po’ diverso. Poi siamo una band, anche se questa cosa tempo fa era più normale: per noi è sicuramente una forza. Spero di vedere più band in futuro, questo si”.

“Sono un’eccezione nel panorama, ma non per i numeri - incredibili, sì - ma per il messaggio che mandano per chi vuole provare fare questo mestiere, un percorso genuino, fatto di tanta gavetta. Allora è vero che ce la si può fare scrivendo belle canzoni e con i propri mezzi. Spesso nel mondo della musica il messaggio è che ci vogliono altri mezzi”, riflette Cuppari.

Il pop onnipresente e sottovalutato

“Essere degli underdog, gli umili della situazione, ti può agevolare: puoi sbaragliare le aspettative - come a noi è fortunatamente capitato - allora l’effetto è doppio. Quando gli stadi sono andati sold out in un giorno se ne è parlato proprio per questo”, ricorda Zanotti. Che però allarga il discorso dai Pinguini alla musica in generale: “Penso che proprio il pop sia un po’ sottovalutato, in generale e non solo in Italia: è bistrattato dai media e dagli addetti ai lavori, e per quanto lo si metta sotto il tappeto riemerge sempre, lo vediamo ogni anno, dagli Imagine Dragons a Ed Sheeran a Taylor Swift. Le mode passano, il pop resta”.

Eppure, spiega Zanotti, si fa finta che non esista, anche tra gli artisti, usando una metafora genetica per spiegarlo: “Il pop è nel genotipo, non nel fenotipo: è codficato nel DNA dei progetti che funzionano in Italia. Ma, allo stesso tempo, e fenotipicamente, al di fuori, spesso non si vede. Anche quando è presente nel rap, nella trap, nel rock, fa comodo che quel codice ci sia ma che non si veda troppo. Noi non abbiamo mai avuto paura di definirci pop”.

Pinguinizzazione, sovraesposizione, hater?

Una pinguinizzazione del pop in Italia? Zanotti ha scritto per Leo Gassman, per Laura Pausini, la band ha collaborato con Bresh per un singolo molto "alla Pinguini". Il successo genera opportunità ma anche divisioni, anche una dose di hater. “Un po’ di fastidio lo può dare”, ammette Zanotti. “Veniamo da un background popolare, ci sentiamo di esserci conquistati quello che abbiamo. C’è la voglia di far capire che abbiamo costruito qualcosa che andrebbe rispettato anche se non ti piace. Ma non siamo soli nell’essere haterati e reiterati: chi ti odia alla fine è il tuo fan maggiore perché continua a parlare di te…"

Quanto al rischio di sovraesposizione connesso a questo successo, dice: "Con i ritmi in cui va la discografia negli ultimi anni è normale. Noi abbiamo scelto di pubblicare più canzoni, perché ci piace comunicare cose nuove. Ma dall’altro c’è il rischio di essere sovraesposti, sì: magari è meno evidente se fai cose un po’ diverse come noi. Ora staremo un po’ in silenzio, anche se c’è il rischio di essere un po’ dimenticati. È un equilibrio molto delicato”, spiega Zanotti. “Non abbiamo mai fatto niente che si è allontanato dal nostro percorso o dalla visione artistica della band, da quello che la band voleva raccontare di sé. Quello che facciamo è perché ci piace”, spiega Cuppari. “Fare tutto ti rende come l’aria, poi non la percepisci più: forse serve far mancare l’aria ogni tanto”, aggiunge Zanotti. “Il successo significa poter dire di no: non solo a collaborazioni, ma anche a brand, eventi e così via. Ci sono dei no da dire per preservarti”.

Fake News tour, parte 2

Il 3 aprile parte la seconda tranche del tour estivo: date nei palazzetti, fino a fine maggio. La definiscono una versione più intima e confidenziale dei concerti di questa estate, con lo stesso concept, ma anche un po’ di novità: “ll filo narrativo è sempre quello delle fake news, del giocare tra immaginazione e realtà. Ma ci saranno nuovi escamotage narrativi e musicali diversi, di allestimento di palco. Faremo anche degli esperimenti cambiando la scaletta più frequentemente, anche in base a dove suoniamo”, spiega Zanotti.  “Però magari a Natale un po’ di vacanze me le faccio…”

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