Ariete: “Scrivo pezzi dolorosi perché quando sono felice esco"
Sicuramente Ariete sa chi è Bruno Lauzi, ma non è detto che quando ha pronunciato queste parole si ricordasse un suo famoso ragionamento, analogo: “In questi anni, fra ep, singoli e dischi ho scritto tante canzoni. E sì, è vero, molte nascono da momenti di dolore. Nella musica cerco un annientamento del male. Un superamento. Anche ‘Mare di guai’, il pezzo con cui vado a Sanremo, parte da lì, da una relazione finita – dice Ariete - se altri ragazzi si rivedono nelle mie parole non posso che esserne fiera. La verità è che scrivo canzoni quando sono inquieta, quando sono felice vado a ballare con gli amici”. Lauzi alla domanda di una giornalista “perché scrive canzoni tristi?”, rispose: “perché quando sono felice esco”.
Naturalezza
Corsi e ricorsi storici fra cantautori che hanno segnato un’epoca e altri, di nuova generazione, che mettono nel megafono i pensieri e i sentimenti di chi vive oggi, diventandone voce e coscienza collettiva. Basta assistere a un live di Ariete per rendersi conto del cerchio magico che crea con il suo pubblico, che canta e si confessa sul palco, creando un’energia e un’unione di intenti che spesso sembrano mancare nella vita di tutti i giorni.
Il palco, per Ariete, è un tempio sacro di libertà. “È sempre stato così, si può studiare per affinare la tecnica, ma certi modi di vivere la musica per me arrivano naturalmente senza che si possano spiegare”, continua con quella naturalezza che contraddistingue anche la scrittura. La strada verso l’Ariston rischia di far perdere l’orientamento? “No, credevo di avere più ansie legate all’orchestra, al feedback di Amadeus, alle prove e, invece per il momento non sono arrivate – sorride - sono molto, molto carica. Tutti mi hanno parlato di Sanremo come di un’esperienza totalizzante, pensavo che avrei perso di vista il focus, ma non è stato così”.
Dal divano al “Mare di guai”
Ariete aveva già tentato l’approdo al Festival, non riuscendoci, ma l’approccio non è cambiato. “Per me questo è il brano giusto perché è uscito naturalmente. Non mi sono mai prefissata degli obiettivi assoluti. Anche la prima volta che ho tentato di andare al Festival fu così, non ho mai pianificato nulla – ammette - nel 2022 ho scritto una prima bozza di questo brano con Dardust, è intervenuto Edoardo (Calcutta, ndr) che è in assoluto il mio artista preferito, e piano piano tutto ha preso forma”. La mente scorre indietro e ripensa alla lavorazione e a quando un viaggio così personale sarà di tutti.
“Non ho paura di mostrare i miei sentimenti. Qualsiasi pezzo pubblicato online equivale ad aprirsi: i fatti propri da personali diventano di tutti – spiega convinta – il pezzo è nato poco dopo la fine della relazione. Ero nella casa-studio di Dardust, era una delle prime sessioni. Sono andata al piano di sopra. C’era un divano. Mi sono messa a scrivere. Quell’atmosfera mi ha ispirato quotidianità, la stessa che respiravo quanto stavo vivendo la storia perché con l’altra persona convivevamo. E poi è arrivato il ‘mare di guai’, che per una pischelletta come me, che si era appena lasciata, credo sia normale. Se l’altra persona l’ha ascoltata? Sì, già a settembre. Sa che è dedicata a lei”.
La scalata dell’indie
Sanremo per Ariete non è una gara con gli altri artisti, ma più una sfida con se stessa. “Qualsiasi persona quando scende da quelle scale si mette in gioco – riflette ad alta voce - voglio tornare da Sanremo con la consapevolezza che tutte le esperienze, quando sono belle, possono rappresentare una novità. Voglio imparare dal dialogo con l’orchestra, dalle persone che si metteranno a mia disposizione. Voglio imparare da Gianni Morandi, che quando lo incontri all’Ariston sembra viva lì da sempre e saluta il mio manager dicendo ‘ciao bro’. Ha una vitalità speciale. Vado su quel palco con un pezzo in mio stile, ma che richiede anche un impegno vocale notevole. Calcutta per farmi capire che non bisogna avere paura mi disse: ‘ma perché da bambini cadiamo dalla bici e non vediamo l’ora di rifarlo, mentre crescendo quella voglia di mettersi in gioco un po’ si perde?’.
Chiederle lo stato di salute del mondo indie, è un po’ come parlare del sesso degli angeli. Il perché, Ariete, lo spiega con una riflessione tanto lucida quanto condivisibile. “Le mie canzoni preferite di Calcutta sono ‘Hubner’, ‘Briciole’, ‘Del verde’ e dal punto di vista autorale credo che ‘Se piovesse il tuo nome’ sia un capolavoro – dice la cantautrice – è stato lui, diciamo, a traghettare un certo indie nel pop. Io non amo le etichette, ma mi sono documentata: l’indie, da una condizione, è stato fatto diventare un genere di musica. Un artista indie, nel suo vero significato, è quello appunto ‘indipendente’ che è supportato da un’etichetta più piccola come Bomba Dischi (la sua e quella di Calcutta, ndr) a cui sarò fedele per sempre. Ma è anche vero che oggi un artista di quell’etichetta, sono io, va a Sanremo, tempio del pop. Questo per dire che le carte ormai si sono mescolate completamente".
Roma
Una cosa non cambia mai: l’abbraccio di una città, Roma, che ispira la sua musica e che negli ultimi anni ha dato legna da far ardere a una scuola innovativa di nuovi cantautori. “Stare a Roma ti fa dire ‘ah, bello’ – conclude Ariete – probabilmente anche se hai la finestra di casa con vista sul Duomo di Milano lo dici, ma Roma ha qualche cosa di speciale. Qualche cosa di dolce e amaro che è un po’ una dipendenza. ‘Pillole’ la scrissi su una terrazza a Termini. C’è una parte che dice: ‘Associo Roma a cose brutte, ma non posso andarmene’. Sono cresciuta prendendo i regionali, girando il Lazio. Non ho preso la patente, un po’ perché non ce la faccio, un po’ perché mi piace prendere i treni. A Roma ho la mia famiglia, i miei amici. È una città ovviamente anche difficile. A Roma sono sbocciati artisti come Franco 126 e Carl Brave, che mi hanno cambiato la vita. Quando mi sono ritrovata sul palco del Rock in Roma davanti a un botto di gente ho ripensato alla frase di ‘Pillole’ e mi sono detta: ma sai che non è vero quello che ho scritto?”.