Gianna Nannini - la recensione di "AMORE GIGANTE"

Non è una svolta, ma il diciottesimo album di Gianna Nannini, “Amore gigante”, non è come uno se l’aspetta. Da una parte la produzione – con Michele Canova in alcuni pezzi – cala la voce della Nannini in un contesto dai colori musicali meno vividi e passionali, fatto di riverberi, sintetizzatori e ritmiche programmate. Dall’altra ci sono testi su separazioni e amori tormentati. "È un disco sull’amore liberato dalla rabbia e dai conflitti", dice la cantante.
Da un album di Gianna Nannini titolato “Amore gigante” uno s’aspetta grandi proclami sui sentimenti, melodie ampie e cantabili, arrangiamenti pieni di grandeur. E invece questa volta la cantante senese, giunta al disco numero diciotto, fa le cose in modo differente. Per due motivi. Primo: i fidati Wil Malone e Alan Moulder, con i quali ha messo punto negli anni passati un’idea d’italianità molto pop-rock e ipermelodica, imboccano una strada diversa e in alcune canzoni sono sostituiti da Michele Canova Iorfida, forse il principale architetto del pop tricolore di questi anni. Secondo: i testi non raccontano l’amore come esperienza appagante, ma per lo più come fatica.