Milioni di persone conoscono la voce di Rhiannon Giddens senza saperlo. Non perché l'artista americana ha da poco pubblicato l'esordio solista "Tomorrow is my turn". E nemmeno perché fa è la voce dei Carolina Chocolate Drops, una string band dedita al recupero dell'eredità afro-americana nel folk. La conoscono perché l'hanno ascoltata nello spot natalizio della Apple di pochi mesi fa. Si tratta della pubblicità in cui una ragazza - interpretata da un'altra cantante di nome Dana Williams - usa un laptop per rimodernare un'incisione risalente anni '50 in cui la nonna interpretava "Love is here to stay" di George Gershwin. Ecco, il canto della nonna da giovane è doppiato da Giddens. "È uno spot per una multinazionale, ma lo posso mostrare con orgoglio agli amici", dice lei. A maggior ragione può essere orgogliosa di "Tomorrow is my turn", una prodigiosa ricognizione di cent'anni di musica al femminile registrata con l'aiuto del produttore numero uno nel campo dei suoni americani neotradizionali, T Bone Burnett. "Faccio questo lavoro da cinquant'anni", ha detto il produttore, "e non ho mai ascoltato nulla di simile".
Fino al settembre 2013 Rhiannon Giddens era nota solo ai fan dei Carolina Chocolate Drops. Poi Burnett l'ha voluta nel concerto celebrativo legato al film dei fratelli Coen "A proposito di Davis" e l'anno scorso l'ha ricontattata per coinvolgerla nel lavoro d'adattamento musicale di testi inediti di Bob Dylan sfociato nell'album "Lost on the river: The new basement tapes", dove Giddens cantava al fianco di Elvis Costello, Jim James e Marcus Mumford. "È stato T Bone a dirmi che era il momento propizio per un disco solista. Avevo da parte un elenco di canzoni che ho sempre sognato d'interpretare. Siamo partiti da quelle". Non canzoni qualunque, ma pezzi della storia della musica al femminile, brani già cantati da Nina Simone, Patsy Cline, Dolly Parton, ma anche da oscure blueswoman e folksinger come Geeshie Wiley, Sister Rosetta Tharpe e Elizabeth Cotten. "Assemblando il disco ho cercato di immaginare quant'era dura la vita di queste donne all'interno del music business dominato da maschi, specie negli anni prima della Seconda guerra mondiale. Da allora abbiamo fatto tanta strada. Oggi abbiamo performer forti come Beyoncé e Lady Gaga. Ma non ci sarà parità finché non ci saranno più produttrici, più manager, più autrici, più dirigenti di sesso femminile. Noialtre donne vendiamo dischi, ma dietro le quinte ci siete voi uomini".
"Tomorrow is my turn" è anche un viaggio nella musica tradizionale statunitense dove folk, blues, gospel, jazz, rockabilly e country s'incontrano in uno stile sudista reso moderno e brillante da Burnett. "Volevamo dimostrare che la musica americana è una miscela di stili portati dagli immigrati, che si sono combinati in modo unico al mondo. I generi musicali non dovrebbero nemmeno esistere. Prima che le etichette discografiche s'impossessassero del mercato, gli artisti blues cantavano il country e quelli folk facevano blues, non c'erano limiti". E come si fa a convincere un ventenne a interessarsi di musica tradizionale? "A quel ventenne direi: conosci la musica del passato e comprenderai quella del presente. Nulla nasce nel vuoto. Non è una questione di nostalgia. C'è una parola usata in Africa occidentale che amo particolarmente: sankofa. Vuol dire tornare indietro per prendere qualcosa. È quello che ho fatto col mio disco: ho preso musiche del passato e le ho rese contemporanee". A quel ventenne si potrebbe anche fare ascoltare "Waterboy" di Odetta nell'interpretazione di Giddens che, scrive il New York Times, "possiede il fervore dello spiritual e la sensualità strisciante del blues". La cantante l'ha portata al Letterman, lasciando tutti a bocca aperta.
Giddens, 37 anni, ha un timbro, un controllo e un'espressività vocale fuori dal comune. Ha ricevuto un'educazione musicale formale, e la cosa traspare dalle sue interpretazioni. Ha studiato al Conservatorio di Oberlin, Ohio, e prima del folk si è dedicata all'opera lirica, ma non prova alcun senso di superiorità nei confronti della musica popolare. "Ci sono mille trappole in cui una cantante colta può cadere. Una consiste nel pensare di essere in grado di interpretare qualunque cosa. E invece no. Così come non puoi cantare l'opera senza avere ricevuto un'educazione musicale formale, non puoi interpretare il folk senza esserti immersa nel suo mondo. Io l'ho fatto per dieci anni, suonando banjo e violino". In questo senso, Giddens appartiene alla tradizione di Nina Simone o di Odetta, che mischiavano educazione colta e musica popolare. "La loro musica canzoni parla della condizione umana, ecco perché è giunta fino a noi. Alcune canzoni vengono inghiottite dalla storia, altre esprimono qualcosa di profondo e perciò continuano ad avere un valore per la gente. Questo è il folk. Non importa se si tratta di pezzi scritti per ragioni commerciali o canti anonimi che cent'anni fa venivano usati sopportare la fatica del lavoro: se sono entrati nella psiche collettiva, allora sono autenticamente folk".
(Claudio Todesco)
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