La storia di Tony Currenti, l'italiano che fu titolare negli AC/DC

C'è un italiano che per amore (di un altro gruppo) e per la paura di essere processato come renitente alla leva - quando questa era ancora obbligatoria - ha rinunciato al posto di batterista negli AC/DC: il suo nome è Antonio Currenti, oggi titolare della Tonino's Penshurst Pizzeria di Sydney ma tra il '74 e il '75 alle pelli per "Jailbreak" e "High voltage", prime mosse in sala di ripresa dei colossi del rock australiano.
La curiosa storia di quello che oggi tutti chiamano Tony
è stata ricostruita da Paolo Giordano su Il Giornale, su imbeccata di Jesse Fink, autore del libro "The Youngs - The brothers who built AC/DC": "Avevo la terza media quando nel 1967 son partito con i miei genitori da Fiumefreddo di Sicilia provincia di Catania, manco diecimila abitanti, il mio orizzonte fino ad allora", racconta lui, "Dopo due anni i miei genitori sono tornati in Italia perché lavoro non se ne trovava. Io no, non volevo tornare in Italia a fare nulla. Avevo imparato a suonare la batteria ed ero già abbastanza ricercato anche se dovevo cambiare spesso nome alle mie band perché, come si dice, gli europei non erano ben visti. Ma con gli Inheritance siamo andati anche in tv in un programma per nuovi talenti".
Poi il colpo grosso, con George Young che gli chiede di entrare in studio con gli AC/DC: "Il batterista di allora, Peter Clack, non funzionava e riuscì a registrare solo la cover di Baby please don't go. Io ho suonato in tutte le altre canzoni, da High voltage a Soul stripper a She's got balls. Tutto in quattro giorni, ero un turnista. Prendevo 35 dollari al dì, mio padre guadagnava la stessa cifra in una settimana".
La sua avventura con gli AC/DC, però, durò poco: "Avevo un singolo in uscita dopo pochi mesi con la mia band e mi dispiaceva perdere l'occasione. E, soprattutto, gli AC/DC mi avevano detto che si sarebbero trasferiti per un bel po' in Gran Bretagna. E io non potevo: ero un emigrante italiano che aveva lasciato il proprio paese a 16 anni: se fossi uscito dall'Australia avrei dovuto fare il militare perché avevo ancora passaporto italiano. Altrimenti sarei stato renitente alla leva e quindi processabile".