
E' iniziato oggi a Mosca il processo alla punk band femminile delle Pussy Riot, le cui tre componenti Nadezhda Tolokonnikova, Marija Alekhina e Yekaterina Samutsevich si trovano in stato di arresto dallo scorso 21 febbraio quando, sul sagrato della cattedrale di Cristo Salvatore, nella capitale russa, misero in scena la loro "preghiera anti-governativa" "Holy shit", il cui verso "Oh Madonna, liberaci da Putin" gli costò l'accusa di vandalismo aggravato (alla quale si aggiunse quella per blasfemia - poi non accolta dal tribunale - rivolta al gruppo da parte della comunità ortodossa): Le musiciste, nel corso della seduta, si sono scusate con la corte, pur rigettando l'accusa di vandalismo: "E' stato eticamente un errore quello di portare una 'preghiera punk' in una chiesa, ma non pensavamo fosse offensivo", si sono giustificate le tre (due delle quali madri di figli piccoli) in un comunicato letto dal collegio difensivo.
Se i capi le Pussy Riot dovessero venire giudicate colpevoli del capo d'accusa ascrittogli, la Tolokonnikova, la Alekhina e la Samutsevich rischierebbero una pena fino a sette anni di carcere: per il momento, i giudici del tribunale dell'ex capitale sovietica si sono limitati a proroga la loro detenzione per altri sei mesi, fino al prossimo mese di gennaio.
A sostegno della band, nelle scorse settimane, si espressero nomi di punta della scena rock mondiale, come - tra gli altri - Sting, Red Hot Chili Peppers e Franz Ferdinand, oltre che ad una nutrita rappresentanza di artisti russi.