In realtà, il concept album cui è dedicato questo paziente e minuzioso lavoro di ricostruzione del making of (svolto principalmente attraverso interviste a chi vi contribuì) aveva come principale pregio una tematica coraggiosa: un delitto di mafia - storicamente situato, peraltro, nel lontano 1936 - raccontato attraverso flashback e “spiegato” con sequenze narrative alternate alle canzoni, organizzate più o meno in forma di suite (il che secondo alcuni lo dovrebbe far inserire nelle liste del “progressive” italiano).
Ecco: parlare di un “boicottaggio” subìto dall’album ai tempi dell’uscita, in quanto riferito a una tematica “scottante”, continua a sembrarmi eccessivo - così come il sottotitolo “Quando i Giganti sfidarono la Mafia” mi pare fortemente esagerato).
Sicuramente il disco non fu trasmesso dalla radio (che allora era solo Radio Rai): ma non va dimenticato che i Giganti nel 1971 erano già in parabola bruscamente discendente, e che, come dire?, il disco non è propriamente digeribile o di facile ascolto.
Ma resta il fatto che gli autori del libro, al di là del loro assunto, hanno fatto un lavoro egregio, intervistando tutti quelli che si sono lasciati intervistare (i Giganti superstiti, Enrico Maria Papes e Mino Di Martino e Checco Marsella; Ellade Bandini, Ares Tavolazzi, Vince Tempera, Giancarlo Dellacasa, che nel disco hanno suonato; Iacopo De Rossi e Daniela Bolla, figlio e moglie dell’autore dei testi, lo scomparso Piero De Rossi), e anche ridisegnando la carriera dei Giganti, ma soprattutto sottolineando l’importanza nel progetto di Gianni Sassi, intellettuale atipico, provocatore culturale, grafico esteta e cento altre cose.
Peccato che Franco Battiato, pure coinvolto nel disco, non abbia voluto contribuire con qualcosa di più di un “messaggio” di un centinaio di parole: il suo ricordo dei fatti sarebbe stato interessante.
(fz)