Stiamo perdendo il senso e l'importanza della parola? Questa la "domanda di ricerca" del nuovo album di Giovanni Caccamo, un'interessante esplorazione del rapporto verbo e suono, che viaggia tra spoken word e canzone, tra globale e locale: un forte radicamento nella tradizione italiana (e siciliana), un suono che si rifà all'elettronica inglese/europea, con interventi e riferimenti ai suoi conterranei Camilleri e Battiatto assieme ad ospiti internazionali.
Il progetto
Tutto è nato da un discorso Andrea Camilleri: “Stiamo perdendo la misura, il peso, il valore della parola. Le parole sono pietre”. Caccamo ha chiamato Willem Dafoe, Jesse Paris e Patti Smith, Liliana Segre, Aleida Guevara, Michele Placido, Beppe Fiorello per una serie di spoken word recitati e messi in musica, che fungono da introduzione alle 7 canzoni che compongono l'album. Il tutto si completerà con una performance teatrale che alternerà contributi visivi all'esecuzione vera e propria, che Caccamo ha presentato nei giorni scorsi a Milano e che, in attesa del tourm si ripeterà nelle prossime settimane al Museo di Palazzo Vecchio a Firenze (6 ottobre) e al Museo Maxxi a Roma (11 ottobre). Il risultato è “Parola”, nuovo album del cantautore siciliano, che esce a tre anni da “Eterno” e dall'ultima partcipazione a quel Festival di Sanremo da cui partì la sua carriera con la vittoria nelle nuove proposte nel 2015.
Tra parola e suono
La scrittura dei testi, la componente verbale, però non è necessariamente la parte più interessante nel disco, che ha la supervisione artistica di Taketo Gohara e la produzione di Leonardo Milani: Caccamo tra i suoi riferimenti cita Jon Hopkins e Olafur Arnalds, una sorta di “elettronica elegante”, di cui il migliore esempio è "Aurora", che inizia su un piano sospeso e poi si apre in un beat - ricordando proprio il sound di Hopkins. Stonano un po' in questo contesto le atmosfere latine di “Canta”, il brano più pop, una canzone dedicata a Che Guevara e introdotta dalla voce di Aleida Guevara che legge un testo del padre.
Nel complesso il disco alterna momenti apparentemente leggeri ad altri più filosofoci e riflessivi in cui cita (in)direttamente il suo mentore Franco Battiato. Come in "Cambiamento", in cui Caccamo ricorda molto l'inarrivabilie stile del Maestro - le cui parole aprono non a caso il lavoro in "I'm that".
Per quello che abbiamo visto alla presentazione milanese, la performance teatrale è interessante quanto le canzoni e varrà la pena vedere questo lavoro dal vivo, appena ce ne sarà l'occasione. Nel complesso, un bel lavoro, con un'idea forte e taglio più "alto" e raffinato che pop.