Il concetto, in sé, non è nuovo: la più grande rivoluzione sono l'amore e la compassione. Ma arriva da una delle cantanti più battagliere degli ultimi 25 anni ed è eseguito alla perfezione, in un album che è tra le cose migliori di inizio 2021. Probabile trovare "Revolutionary love" nei best of di fine anno, nel suo genere.
La storia
"Revolutionary love" arriva a 4 anni da "Binary", ultimo album di studio. In mezzo concerti - fin che si poteva, ovviamente; un'autobiografia, "No walls and the recurring dream" e "No walls", un mixtape collegato - ovvero una sorta di colonna sonora del libro con versioni alternative ed acustiche dei suoi brani migliori. L'album nuovo è frutto soprattutto della collaborazione con Brad Cook (già con Bon Iver, che appariva nel disco precedente, War On Drugs e parte di vari progetti dei membri dei National, come Big Red Machine e Day of The Dead). È stato inciso con una band allargata che comprende i collaboratori storici della DiFranco Terence Higgins e Todd Sickafoose ma anche tastieristi, fiati e un quartetto d'archi.
Il groove
Ani DiFranco non è una cantautrice qualunque. Siamo ormai lontani dal folk punk delle origini, ma se c'è una cosa che è rimasta nelle sue canzoni è il groove. Una volta era il suo stile di chitarra, ritmico e percussivo; negli utimi anni sono arrangiamenti complessi e avvolgenti: "Revolutionary love" è, musicalmente, un disco con sonorità calde: un soul folk basato su organo e wurlitzer, una bella base ritmica a cui si aggiungono coloriture date da assoli di elettrica e archi. La canzone che dà il titolo all'album è pressoché perfetta: notturna come la copertina, ma con un calore che è la luce della mattina che sta per arrivare. E tutto il disco è una variazione sul tema di questo suono. È il disco più adulto di Ani DiFranco e scorre che è un piacere.
L'amore rivoluzionario
Anche i testi delle canzoni sono così: adulti, maturi, riflessivi e lucidi. Ani DiFranco non ha più la rabbia delle origini, l'ha trasformata in forza di volontà e benevolenza, verso se stessa e verso il mondo. "Revolutionary love", la canzone, è un inno all'autodeterminazione, all'andare avanti senza dimenticare questi anni terribili: " I will tend my anger/I will tend my grief/I will achieve safety/I will find relief/I’ll show myself mercy/I’ll show myself respect/ I’ll decide when I’m ready/To forgive but not forget".
Tutto l'album è una riflessione su cosa si può fare e non fare per lottare al degrado e all'aggressività del mondo: "Yes, in our being/We are the same/But are we playing/That dirty game?/That shit's contagious/You stay away", canta in "Contagious": "They go low/You go high".
C'è qualche riferimento al trumpismo, scritto ben prima dell'assalto al campidoglio, ma ancora terribilmente attuale: "'Cause there's foxes in the henhouse/And bad news every day/And right there on Pennsylvania Avenue/The sheetless KKK"
La canzone
In "Simultaneously" c'è uno di quei giri di chitarra che potrebbero arrivare dai primi dischi, solo che qua c'è un piano elettrico e dei flauti che riempiono la melodia. E le parole raccontano alla perfezione la lotta che pervade tutto il disco: "I live in two different worlds/Simultaneously/The one i seem to live in/And the one that lives in me/
And one is full of violence/Oppression and disrespect/And one is full of longing/To breathe and to connect/Yeah, my inner world is fragile/And the outer world is dumb/And this whole thing is such a hassle/Won’t you wake me when it’s done?"
Già, svegliateci quando è finita. O, nel frattempo, fateci ascoltare buona musica come questa.