Matt Berninger è la sintesi perfetta tra Michael Stipe e Nick Cave

Il cantante dei National pubblica "Serpentine Prison", debutto da solista e - sorpresa, ma non troppo - è persino più bello degli album della band

Recensione del 14 ott 2020 a cura di Gianni Sibilla

Voto 8/10

Questo non è il solito disco del cantante in libera uscita da una band, nel tempo libero. Questo è semplicemente uno dei dischi più belli del 2020. 

Dai National a Matt Berninger
A quasi 20 anni dal loro debutto, a 13 da "Boxer" e da "Fake empire" (la canzone che ha permesso il salto di popolarità), i National sono una delle band americane con la maggior credibilità: fanno le cose a loro modo, con i loro tempi, e non sono mai meno che eccellenti. In questi anni ad avere avuto visibilità sono stati però i fratelli Dessner, Aaron e Bryce: il primo è finito a lavorare con Michael Stipe e persino a produrre Taylor Swift, mentre il secondo ha una carriera di primo piano da compositore di musica contemporanea.
Poi c'è Matt Berninger. Mi torna spesso in mente quella frase che sentii da un vicino ad un loro concerto: "Sembra un impiegato". Un'affermazione fin troppo netta e perentoria: Berninger ha sì un look dimesso, ma l'understatement è uno dei suoi punti di forza. Ma soprattutto ha una voce tra le più belle in circolazione e questo album la mette ancora più in luce che con la sua band. 

La fragilità che diventa una forza
Ascoltando "Serpentine prison" mi sono tornati spesso in mente due nomi: Michael Stipe e Nick Cave. L'associazione con quest'ultimo è facile, per la voce bassa, che trasmette in maniera naturale un senso di malinconia. Stipe ha saputo trasformare la propria fragilità e i propri limiti in carisma vocale, ed è esattamente quello che fa Berninger: non urla, non cerca di stupire, semplicemente interpreta e ti fa venire i brividi.

La collaborazione con una leggenda della musica americana
Il motivo della riuscita di questo album è che talvolta i fratelli Dessner e i National rischiano persino di essere musicalmente ingombranti, mentre in "Serpentine prison" domina la semplicità. E c'è la mano di una leggenda della musica americana: Booker T. Jones. I due si erano già trovati nel 2011 in "The road to memphis" , disco solista del leader di Booker T. & MGs, in cui Berninger cantava la stupenda "Representing Memphis". Questa volta è  Booker T. che si mette al servizio del cantante, producendo l'album e impreziosendolo con il suo piano e le sue tastiere. Una semplicità musicale - a cui contribuisce spesso il violino suonato da Andrew Bird  -che mette i brividi ed esalta la voce di Berninger.

La canzone imperdibile
È uno di quei casi in cui tutto il disco va ascoltato, non c'è un momento debole. Ma se dovessi sceglierne una, "Serpentine prison" parte voce e chitarra, poi entra l'organo, i fiati, un'armonica in lontanza. Praticamente perfetta.

Tracklist

01. My Eyes Are T-Shirts (02:40)
02. Distant Axis (04:25)
03. One More Second (05:22)
04. Loved So Little (04:55)
05. Silver Springs (Feat. Gail Ann Dorsey) (03:53)
06. Oh Dearie (03:16)
07. Take Me Out of Town (04:11)
08. Collar Of Your Shirt (05:14)
09. All For Nothing (03:05)
10. Serpentine Prison (04:32)

Vai alle recensioni di Rockol

rockol.it

Rockol.com s.r.l. - P.IVA: 12954150152
© 2025 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
Privacy policy

Rock Online Italia è una testata registrata presso il Tribunale di Milano: Aut. n° 33 del 22 gennaio 1996