La storia e il riscatto di Mandy Moore: "Silver linings"

Da emula di Britney Spears a sposa di Ryan Adams che le impedisce di cantare, ad attrice di "This is us" a cantautrice matura: un bel disco che rimanda ai suoni del Laurel Canyon.

Recensione del 11 mar 2020 a cura di Gianni Sibilla

Voto 7/10

Quella di Mandy Moore è una storia bella, difficile e complessa allo stesso tempo. Bella negli ultimi anni, difficilissima in quelli precedenti. “Silver linings” è il suo album del riscatto, una pregevole e piacevole prova di classic rock, con rimandi alla migliore tradizione californiana

La sua storia ha tre capitoli precedenti.

Il primo è la nascita da pop star: a fine anni ’90 debutta appena 15enne: viene paragonata a Britney Spears e Christina Aguilera. Pop molto prodotto e molto banale, insomma, con buoni riscontri di classifica.
Un po’ di stoffa c’è già e si nota: “Coverage”, album di cover del 2003, ha sempre quel terribile suono plasticoso, ma ottime scelte (si apre con “Senses working over time” - ve la immaginate Britney Spears che canta gli XTC?- e va avanti con Waterboys, Joni Mitchell, Joe Jackson, Carole King). Poi si avvicina lentamente a suoni più pop-rock, con “Amanda Leigh”, il suo ultimo album, del 2009.

Quell’anno inizia il secondo capitolo: sposa Ryan Adams, e qualcuno storce il naso: ma come, una ex teenstar  che sposa uno dei migliori rocker contemporanei? Cosa è successo lo abbiamo saputo l’anno scorso, quando in un articolo del NYTimes la Moore - che ha divorziato da Adams nel 2016 - ha raccontato di essere stata sistematicamente manipolata psicologicamente, e di essersi trovata in una costante condizione di sottomissione, con Adams che di fatto le boicottato la carriera musicale, impedendole di pubblicare musica. Non era l’unica donna ad accusare Adams, che da allora si è fermato.

Nel 2016 il terzo capitolo: Mandy Moore diventa protagonista di una delle serie TV di maggiore successo degli ultimi anni in America, “This is us”. Il suo personaggio, Rebecca, è una madre di famiglia che per un po’ di tempo ha accarezzato la carriera di cantautrice: la si vede spesso cantare, e nella prima stagione c’è una pregevole cover di “Willin’”, classico dei Little Feat. 

Ed ecco il ritorno alla musica  Il risultato, dicevamo, è un buono disco di pop-rock classico, scritto prodotto e suonato con il nuovo marito, Taylor Goldsmith dei Dawes. Un paio di esempi: si apre con “I’d rather lose”, che cita la “Dreams” dei Fleetwood Mac in maniera pregevole, mentre in "Fifteen” riflette e accetta i suoi esordi di carriera, in una delicata ballata per voce e chitarra: "She thought she was making music/But she was only filling seats/ No regrets, with a few exceptions/ Every wrong turn, was the right direction/Still a part of me”.

È così via, per 42 ottimi minuti, tra riferimenti alla California e al suono del Laurel Canyon, rivisitato. Non fraintendiamoci: Mandy Moore non è improvvisamente diventata Joni Mitchell - il suo punto di riferimento dichiarato - e non lo diventerà mai. Ma ha una bella voce, un buon gusto per suoni e parole. Se vi piace il genere, “Silver linings”, è meritevole di attenzione e ascolto. 

Tracklist

01. I’d Rather Lose (03:45)
02. Save A Little For Yourself (03:39)
03. Fifteen (04:09)
04. Tryin' My Best, Los Angeles (04:01)
05. Easy Target (04:38)
06. When I Wasn’t Watching (03:29)
07. Forgiveness (04:36)
08. Stories Reminding Myself Of Me (03:57)
09. If That's What It Takes (04:06)
10. Silver Landings (04:43)

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