Nel 1979, un ventiquattrenne cantautore di Domodossola, pubblicava il suo primo album che, come molto spesso accade, portava, oggi come allora, quale titolo il proprio nome, “Alberto Fortis”. E come puntualmente succede negli album che segnano un esordio, nel disco vanno a confluire, fianco a fianco: i sogni, le speranze, gli entusiasmi, le paure, le aspirazioni, le debolezze, le ingenuità, i timori…insomma, in quella manciata di canzoni viene rappresentato tutto il lavoro della vita (quasi sempre, giovane vita) dell’aspirante musicista e autore che vuole urlare al mondo la propria arte. Per questo motivo ogni primo disco potrà avere e contenere mille e un difetto, ma quasi sempre è il biglietto da visita più sincero delle capacità e della personalità di un artista.
Fortunatamente quest’anno si è ricordato dell’anniversario della sua prima uscita discografica e ha avuto la buona idea di celebrarlo con il doppio album “Alberto 4Fortys”. Nel primo dischetto viene riproposto per intero l’album “Alberto Fortis”, seguendo l’ordine della tracklist, in versione per piano e voce registrato dal vivo comprensivo di intermezzo parlato di presentazione tra una canzone e l’altra dove racconta e contestualizza come è nata la canzone che verrà eseguita e, più in generale, del percorso che ha portato alla pubblicazione dell’album. E’ piacevole ascoltare il pensiero che riserva Alberto a brani importanti come “A voi romani”, “Milano e Vincenzo”, “La sedia di lillà”, “Il duomo di notte”, ma anche le sue riflessioni sulle canzoni meno note. I ricordi sulla lunga anticamera negli uffici romani della Rca, le strategie e le intuizioni di Mara Maionchi, l’importanza della PFM che fu la band di Alberto Fortis per il disco. In qualità di bonus track vengono aggiunte in coda le versioni al pianoforte di “Settembre”, la hit del 1981 contenuta in “La grande grotta”, e “Wish I knew”, scritta con Steve Piccolo e cantata in inglese.
Il secondo dischetto, denominato “4Fortys”, è composto da nove canzoni ed è diviso in terzi. Il primo propone gli inediti “Venezia”, “Maphya” e “Caro Giuseppe”, brani dalla scrittura energica che denotano un buono stato di salute . A seguire, tre capisaldi della sua opera che vengono proposti in una versione del tutto nuova: “Milano e Vincenzo”, “La nena del Salvador” (da “La grande grotta” (1981) e “Fragole infinite” (inclusa nell’omonimo album pubblicato nel 1982). Riletture stravolte e ardite, tra rap e elettronica, che hanno ben poco a che vedere con gli originali. A chiudere tre lunghe versioni di brani meno noti del suo repertorio, “Qui la luna” (dall’album “Assolutamente tuo” - 1987), “Vivrai” (da “Dentro il giardino” - 1994) e “Innamorata” (“Fiori sullo schermo futuro” – 2005), registrati dal vivo con l’accompagnamento della Milandony Melody Band, fotografia di quanto buono possa essere Alberto Fortis dal vivo ai giorni nostri.
La storia musicale di Alberto Fortis racconta di un autore mai banale che spesso ha richiesto un ascolto più mistico che razionale, ma – come direbbe qualcuno – questo è il suo bello. A quaranta anni di distanza il suo album di esordio, divenuto un ‘classico’, mantiene intatta la propria emozionale bellezza e la nuova versione acustica con gli intermezzi parlati è un bonus davvero gradito. E tanto basta.