Il marchio Nathaniel Rateliff & The Night Sweats ha visto la luce relativamente di recente, i ragazzi che lo costituiscono non sono proprio di primo pelo. La loro guida, il barbuto e paffuto Nathaniel, ormai va per i quaranta. Data la bravura sono riusciti a colpire il centro del bersaglio già con l’eponimo album d’esordio uscito nel 2015 e da allora non si sono più fermati. Forse per non vedersi scivolare via dalle mani il buon livello di notorietà raggiunta? oppure perché quella del suonare è la strada che meglio conoscono e che meglio li rappresenta? Chi lo può dire? Qui si impone l’apertura di una breve parentesi: quando si fa cenno al buon livello di notorietà raggiunta si intende negli Stati Uniti, in misura minore in Europa. Quindi, si diceva, dal primo disco, a cadenza annuale, la band non ha mancato di pubblicare un lavoro. Nel 2016 l’EP “A little something more from”, nel 2017 l’album dal vivo (ambito in cui si trovano particolarmente a loro agio) “Live at Red Rocks” e, infine, nel 2018 “Tearing at the seams”.
Parole che se non raggiungono i vertici drammatici del discorso tenuto alla sua squadra nello spogliatoio dall’allenatore Al Pacino nel film “Ogni maledetta domenica”, poco ci manca. Rateliff non ha speso le sue parole invano, “Tearing at the seams” è un buon album e la band è al suo meglio. Un combo di otto persone ottimamente amalgamato, quel che si dice: una vera band. Un viaggio che parte ottoni spiegati e in resta con la sabbiosa e sudista “Shoe boot” che si fonde senza soluzione di continuità nella successiva “Be there”. “A little honey”, come suggerisce il titolo, maneggia l’amore e il soul. Le sonorità rimandano agli anni sessanta. “Say it louder” e ancora più “Hey mama” rallentano il ritmo e si spingono verso lidi più cari al country, ma sono solo episodi. “Intro” è cugina di un qualche grado della “Land of 1000 dances” di Wilson Pickett. La temperatura ora è decisamente calda, l’atmosfera è decisamente soul, la band fa a gara a mostrare la propria qualità e ci si accorge che la qualità della voce di Rateliff è di primissimo piano. Con “Baby I lost my way (but i’m going home)” si rimane ben ancorati agli anni sessanta con il suo incedere surf. Il finale è dedicato a “You worry me”, il primo singolo dell’album, la vespertina “Still out there running”, il congedo è affidato alla amara title track.
“Tearing at the seams” è prova onesta fino all’osso, non c’è trucco e non c’è inganno. Onesta come la voce di Nathaniel Rateliff e la musica dei suoi Night Sweats. Sta a voi decidere se prendere o lasciare. La Stax che li ha sotto contratto li ha presi, qualcosa suggerisce lo si debba fare pure noi.