Ron Sexsmith appartiene a quella lunga schiera di valenti cantautori che - per una serie di motivi, non ultimo il fatto che non tutti possono essere dei numeri uno, ma tutti possono dignitosamente proporre il loro operato senza vergogna alcuna – sono soliti definirsi di nicchia. In altre parole, il 53enne musicista canadese non muove numeri importanti in termini di dischi venduti nei negozi e di biglietti staccati al botteghino. Questa definizione non gli ha comunque negato una carriera che sino ad ora, “The last rider” compreso, giunge al suo tredicesimo album. E non gli ha neppure negato buoni riconoscimenti, uno tra tutti il Juno Award (il più prestigioso premio musicale canadese) nel 2011 come cantautore dell’anno.
Le sue composizioni gli hanno regalato l’ammirazione di giganti quali Paul McCartney (del quale ha una certa similitudine vocale), Elvis Costello, Elton John, Leonard Cohen e Ray Davies. Leggere questa manciata di nomi inquadra Ron Sexsmith meglio di lunghi discorsi. I nomi sopra riportati hanno tutti in comune la capacità di scrivere canzoni praticamente perfette. Sexsmith sicuramente non si può paragonare a tale compagnia – come detto più sopra, non tutti possono essere dei numeri uno – ma di quella prestigiosa compagnia ricalca le peculiarità: vale a dire, produrre del pop di buon livello che canta l’allegria come la tristezza, la gioia come la malinconia. Maneggiando alla perfezione le regole auree di quel genere di canzone: melodia e una lunghezza che non superi i tre minuti.
In questa sua nuova incursione sul mercato discografico Sexsmith è accompagnato da un gruppo rodato formato da Don Kerr (batteria), Jason Mercer (basso), Dave Matheson (tastiere) e Kevin Lacroix (chitarra). Alla band va rivolto un plauso particolare perché svolge davvero al meglio il suo lavoro, si mette al totale servizio del conducente e lo asseconda perfettamente. “The last rider” non è un disco memorabile e con tutta probabilità non porterà nuovi adepti alla causa. In alcuni passaggi potrà risultare un pochino noioso o forse ripetitivo, ma in molti altri – di gran lunga più numerosi - non mancherà di dispensare grande soddisfazione. E’ consigliato per gustarlo al meglio soffermarsi sui testi per chi ne abbia tempo e comprensione. Ron Sexsmith è un buon artigiano e “The last rider” un buon manufatto.