Capelli rossi, occhi azzurri, lentiggini e faccino paffutello: il biglietto da visita di Frances è la copertina del suo album d'esordio, "Things I've never said", che ce la presenta esteticamente come una fusione tra Adele, Jess Glynne e Alison Moyet (che per chi non la conoscesse è stata un po' la Adele degli anni '80, musicalmente parlando - oggi continua a fare dischi, ma non ha più il successo di una volta). E non è solo nell'aspetto fisico che Sophie Frances Cooke - classe 1993, originaria di Oxford - ricorda le sue tre colleghe: anche i primi singoli estratti dal disco ce la presentano come una cantante che si pone in perfetta continuità con la tradizione delle voci soul e r&b britanniche.
Il disco arriva dopo un paio di EP e dopo riconoscimenti importanti come le nomination nella categoria Brits Critics' Choice ai Brit Award (il premio che viene assegnato al miglior artista britannico esordiente) e al BBC Sound of 2016 (il sondaggio della BBC per individuare i nuovi nomi della musica britannica, premio vinto in passato da Adele, Ellie Gouldin e Sam Smith) - per la cronaca: entrambi i premi sono andati a Jack Garratt.
In cabina di produzione si sono alternati diversi produttori: da Greg Kurstin (già braccio destro della stessa Adele e di Beck, ora al lavoro sul nuovo album di Paul McCartney), Jimmy Napes (Sam Smith, Alicia Keys) e Howard Lawrence dei Disclosure. Tutti produttori con un'identità sonora e musicale ben precisa, ma la cui mano - qui - si sente pochissimo: Kurstin ha affiancato Frances nella scrittura e nella produzione di una sola traccia del disco, "Say it again", quella più "adelosa" (o "adeliana", se preferite); Jimmy Napes, che compare giusto in "Cloud 9" come autore. A fare da collante, Stephen Fitzmaurice, irlandese, già collaboratore di Alicia Keys, Paola Faith, Seal e Sam Smith che ha dato al disco un suono omogeneo e un orientamento sonoro ben preciso: soul bianco, appunto. Tutto il disco suona più o meno così: da "Don't worry about me" (che è in realtà una bella ballata gospel) a "The last word", passando per "Love me again" e "Grow".
Quando Frances prova ad uscire fuori dai territori del soul e della musica r&b sembra camminare in maniera goffa, inciampa: "Let it out" e "No matter", i pezzi più elettronici, sono sono i migliori del disco. Perché anche se è cresciuta ascoltando band come i Radiohead e i Coldplay, anche se è una fan di Justin Bieber (ps: qui potete ascoltare una bella cover di "What do you mean?!"), anche se come punti di riferimento cita cantautrici come Kate Bush e Joni Mitchell, Frances è essenzialmente una cantante soul. Una brava cantante soul.