E’ vero, “Johannesburg” è solo un EP, è una dichiarazione d'intenti meno impegnativa di un album intero. Ma vede il gruppo tornare parzialmente alle loro origini sonore, contemporaneamente spostandosi contemporaneamente verso un nuovo territorio.
L’operazione in sé è tutt’altro che nuova: un viaggio in un paese, canzoni registrate in loco, collaborazioni con musicisti locali. Il Sud Africa. Dove l’avete già sentita? Sì, è la storia di quella pietra miliare che risponde al titolo di “Graceland” di Paul Simon. Farlo nel 2016 è un po’ diverso dal farlo nel 1986; i Mumford, poi, hanno fatto un'operazione lampo: un breve viaggio, qualche canzone registrata in due giorni. il risultato è decisamente meno dirompente, ma comunque piacevole.
I Mumford, nelle cinque canzoni, si fanno accompagnare dal senegalese Baaba Maal, dai sudafricani Beatenberg, dai The Very Best (originari del Malawi ma londinesi). Buone canzoni, che sono risconoscibili, come "There will be time", ma senza essere già sentite. Finisce che ricordano più i primi Mumford, e più i Vampire Weekend, che Paul Simon: l'attacco di "Wona", per esempio. Apprezzabile la scelta anche di farsi da parte, nella finale “Si ti veux”, probabilmente la migliore del mazzo, lasciando spazio alla voce di Baaba Mal, che è in tour con loro (e lo sarà anche nella data milanese del 4 luglio).
Ma al di là di quello che fanno sul palco, e al di là di questo EP, sarà interessante capire la direzione del prossimo passo: folk, rock, o world? Questo EP è un buon diversivi, ma lì li aspettiamo.