Dovrebbe succedere sempre così: l’urgenza di cantare, di farlo con una forma espressiva propria. Che serva una chitarra o un computer. Una volta la garage band era quella che si sfogava nell’autorimessa dei genitori. Oggi Garage Band è un software gratuito per fare musica anche senza sapere suonare una chitarra, rinchiusi nella propria stanza.
Andrea Nardinocchi è un ragazzo che sembra fragile. Mettetelo davanti ad un Mac e ad una loop station (una schacchiera che fa partire suoni pre-campionati e li mette in ripetizione, per usarli come base). Tira fuori tutta la sua energia. Diventa posseduto.
Quel laptop, quella loop station, Andrea Nardinocchi si li è portati sul palco di Sanremo, dove li ha usati poco, ma c’erano. Ed è stato subito eliminato. Ma presto di quel passaggio ci si dimenticherà, sarà solo una tappa.
Perché di lui si parla da qualche mese, insistentemente. C’è stata un ottimo lavoro di presentazione della sua musica parte della casa discografica, che ha portato ad ad un consenso diffuso, pure troppo. Ma il motivo c’è e anche se noi giornalisti siamo un po' pecoroni a greggi, dateci ascolto, questa volta. Insomma, se qualcuno nutrisse qualche sospetto, farebbe bene a metterlo da parte: “Il momento perfetto” è un’ottima opera prima, che merita un ascolto, e molto di più.
Perché Andrea Nardinocchi fa qualcosa che nessun altro ha fatto, finora, in Italia: canzoni cantate con l’anima, ma un’anima elettronica. Quel “soul digitale” che fa venire alla mente nomi come James Blake, fuori dai nostri confini. “Un posto per me” e “Storia impossibile” (la canzone sanremese) sono due ottimi esempi di questo atteggiamento. Ma Nardinocchi ha in più (soprattutto rispetto al freddino Blake) un’urgenza, un candore, una naiveté che si può avere solo in circostanze come queste. Fin dalla partenza, una intro che dà il titolo al disco, in cui lo stesso Nardinocchi ammette tutta la pressione di questi momenti (“mi dicono scrivi/ma ho il cuore spento/aspetto il momento perfetto”): leggete la bella intervista fattagli da PopTopoi a Sanremo.
Ecco, forse l’urgenza dell’età Andrea la paga con qualche ingenuità nella scrittura dei testi: raccontano perlopiù la ricerca di un posto (“Un posto per me”, “Le pareti”), un’identità (“Tu sei pazzo”, con un bell’intervento di Marracash) e lo fanno perlopiù bene, ma ogni tanto la scrittura è ancora un po’ acerba, per quanto sentita (“Insegnami ad amare/Insegnami ad amare/come lo sai fare/come mi fai stare/come sai amare”, per fare un esempio).
Queste piccolo ingenuità sono però abbondantemente compensate dai suoni: un'idea di base forte, una produzione originale, con qualche giusta concessione al pop - “Persi insieme” prodotta da Michele Canova Iorfida: non è un caso, perché il Jovanotti di “Ora” viene in mente per la ricerca sonora di questo album. “Il momento perfetto” ha un’identità sonora fatta di campioni, tastiere, ritmiche e una voce scura, davvero unica.
Poi ci sarebbe da ragionare su come noi italiani siamo un po‘ marziani, ci stupiamo quando sentiamo una canzone con dei beat e vediamo in televisione un computer su un tavolo al posto di una chitarra a tracolla o un piano. Ma questo è un altro discorso, troppo lungo per affrontarlo qua. Un discorso che questo album, per fortuna, rende un pochettino più vecchio, avvicinandoci un po’ di più alla contemporaneità.
Andrea Nardinocchi - IL MOMENTO PERFETTO - la recensione
Recensione del 21 feb 2013 a cura di Gianni Sibilla
Voto 8/10