Così, questo “Regions of light & sound of God” soffre inevitabilmente del confronto con la band di cui Jim James è leader indiscusso. Ed esce vincitore dal confronto. Non perché sia meglio o peggio delle cose dei MMJ. Semplicemente perché riesce nella sfida di ogni disco solista: essere contemporeaneamente riconoscibile (e riconducibile alla sua matrice), ma conteporaneamente diverso.
La storia di questo album dice che James si è ispirato ad un vecchio “libro” degli anni ’20 una storia incisa su legno e considerata per certi versi una progenitrice delle moderne graphic novel, “A god’s man”. James ne ha preso i temi (redenzione, lotta contro i propri demoni) e li ha trasformati in canzoni, in una sorta di “concept album”.
Questa terribile definizione, in grado di far scappare chi dalla musica vuole solo canzoni e non pesanti “pipponi”, non rende giustizia all’album: “Regions of light and sound of God” è un album in cui si ritrova la capacità dei MMJ a scrivere musiche fuori dalle strutture convenzionali - dimenticatevi “Strofa-ritornello-ponte-strofa-ritornello”. E ciò nonostante - anzi, proprio per questo - è un disco di canzoni-canzoni. Ed è un disco che suona completamente fuori dal tempo: suoni d’altri mondi e d’altri tempi, come i fiati di “All is forgiven”, rielaborati su elettronica e campionamenti - il giro di piano ipnotico di “State of the art”, gli archi campionati di “I din’t know til now”. James ha fatto tutto da solo, suonando tutti gli strumenti, e si sente.
“Regions of light and sound” è un disco facile e difficile allo stesso tempo. Chi ama i MMJ ci ritroverà molte cose della band - magari non le chitarre, quelle proprio no. Gli altri troveranno uno dei migliori e più originali autori di canzoni in circolazione.