Nove i pezzi in scaletta, nove ottimi esempi di sano e corposo indie rock senza troppi fronzoli pronto a fluire immediatamente una volta lanciata la già citata intro “DIY”, seguita dall’agrodolce “To change”, dall’ottimo brit rock di “Criticize you” tutto basso e batteria, e dalle ottime “Movin’ back” (Franz Ferdinand?) e “Please please you”. L’attacco frontale dalle movenze sinuose “Bounce” apre poi al trio finale “Feelings hold now”, “Poser” e “I beat that bitch with her bats”, chiosa di oltre otto minuti in cui i Foxhound riescono a concentrare la loro essenza (e forse anche quella di un genere), con la sicurezza di gente con almeno dieci anni di musica in più sulle spalle.
Ed è questa la caratteristica più sconcertante dei Foxhound: “Concordia” è un buon disco che diventa però ottimo una volta capito che a metterlo in piedi sono stati quattro ragazzi neanche ventenni. “I beat that bitch with her bats” non è un pezzo da tutti i giorni e soprattutto non è indie rock da cartolina. E’ il ribaltamento di un canone, di quel “Do it yourself” che ingannevolmente in apertura di disco devia il pregiudizio sui binari di un punk senza colore suonato tanto per cambiare da una band di scapestrati. Niente di più lontano dal reale. “Concordia” è un album indie rock, ma non inteso come genere. È indipendente nel senso che ci regala una band in grado di reggersi in piedi già da sola nonostante la giovane età. Una band da tenere assolutamente d’occhio. Cosa che non stiamo già facendo con la nostra rubrica The Observer . Fatelo anche voi.