Un concentrato di melodie pop inesorabilmente azzeccate, fatte di fraseggi brevi e sintetici conditi da paio di assoli acidi ad hoc e distorsioni mai sopra il livello di guardia, il tutto impreziosito da un bell’impianto lirico a sostegno di un cantato chiaro e tondo, impastato su un tessuto alt rock / shoegaze molto solido e figlio naturale di padri quali i già citati Smashing Pumpkins,
Molto bene quindi “Lenta conquista”, davvero un ottimo singolo, la cantilena sghemba “Melly”, “Sitar” e “La fine del giorno”, probabilmente gli esempi più evidenti di quanto appena illustrato. Pezzi cantabili, godibili, da ripetere ad libitum sapendo che il rischio di sciuparli è davvero remoto; vivaci esteriormente, malinconici nel profondo. Idem dicasi per la ballata “Calla”, posta strategicamente a due terzi per spezzare il ritmo e mettere in risalto prima pezzi più affilati come “Scisma” (il migliore del disco) e “Prima o poi”, e aprire poi alla terna “Per un amico” / “Andreini” / “Colonne d’errore”, forse il passaggio più interessante del disco in quanto ad azzardo e sperimentazione, che introduce a sua volta la chiusura catartica “Lo spavento”. Un pezzo questo, chiamato a riportare circolarmente il discorso sui binari iniziali, una chiosa in forma pop / acustica / lo-fi che va a citare i
Se quindi sono davvero i dettagli a fare la differenza, sono proprio questo genere di finezze a fare di “Conquiste” un album maturo sotto ogni aspetto. Un lavoro completo, compattissimo, curato ed affascinante in tutte le sue sfaccettature sonore sì distorte, ma così splendidamente facili da masticare. Come si diceva prima, il disco giusto al momento giusto. Soprattutto però il disco giusto. Un motivo più che valido per selezionarli per la nostra rubrica The Observer .