D'altra parte, non deve essere stato semplice dare un seguito a "Nostra signora della dinamite" , uno dei più bei dischi di rock italiano degli ultimi tempi, inciso con i RossoFuoco due anni fa. Canali si accompagna ai suo fedeli compagni anche per questo "Rojo", che non sposta il tiro rispetto alle prove precedenti: rock tagliente, incazzato, sia nella musica che nelle parole, a partire da qualla "Carmagnola #6" che ha dato la stura a tutto il lavoro, con i suoi richiami alla rivoluzione francese. Una parola che gira parecchio in queste canzoni: "Rivoluzione", declinata in sinonimi letterali e metaforici.
Perché la strada scelta da Canali per questo disco è (ancora) la rabbia per ciò che ci circonda, il trovarne un modo per uscirne. "Ci sarà", come canta nella seconda canzone, anche se la via da trovare è tutt'altro che semplice.
Perché la verità è che ci vogliono voci come quelle di Canali: voci tutt'altro che pulite, tutt'altro che accomodanti sia per quello che dicono, sia per come lo dicono. Perché la voce cartavetrata di Canali non è perfetta in modo assoluto, ma è perfetta per queste canzoni, sia quando canta la libertà, anche quella nell'ultima gioia che ci stanno levando, quella di "Morire di noja"; sia quando rispolvera atmosfere più rarefatte, più intime, come "La solita tempesta" (non a caso cantata con un'altra voce sporca ed espressiva, quella di Angela Baraldi).
Insomma: un altro colpo, un altro centro. Ora che i PGR sono definitivamente in pensione, Canali dimostra un'altra volta di essere un frontman ed uno scrittore di grande livello. Lo aveva già dimostrato in passato, per carità. Ma ascoltare dischi come "Rojo" è un misto di piacere e dolore. Piacere musicale, per ricordarsi che dalle nostre parti c'è qualcuno che fa questa musica. Dolore perché queste canzoni sono destabilizzanti, ti tirano sberle che ti fanno riflettere, non ti possono lasciare indifferenti. Ed è il miglior complimento che si può fare alla musica di Giorgio Canali e dei RossoFuoco.