“Casa 69” deve il proprio titolo al luogo fisico dove tutti i componenti della band vivono condividendo ogni esperienza animando una sorta di comune e fucina dove vengono ideati e partoriti tutti gli aspetti dei loro progetti: da musica e testi, questi ultimi completamente a cura di Giuliano, alla immagine di copertina, merito, come già nel precedente "La finestra" , dell’espressività artistica del bassista Ermanno Carlà.
I temi e gli intenti del quinto album della band vengono dichiarati sin dalla prima canzone “Io non lascio traccia”, dedicata a Carmelo Bene, una delle personalità di maggiore genio e controversia espresse dalla cultura italiana nella seconda metà del secolo scorso, anche lui di natali salentini. Il pezzo si chiude con la voce di Bene che scandisce “io che sto parlando per questo non sono io”. Mica paglia: l’incomunicabilità al tempo dell’apparente comunicazione di massa, la solitudine al tempo dei social network. E non è che l’inizio. “Sing-hiozzo”, il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album, come la seguente “Se un giorno mai” e, più avanti con l’ascolto, “E’ tanto che dormo?” ribadiscono la difficoltà di trovare un modo per esprimere i propri sentimenti, le proprie idee, le proprie parole all’altro, agli altri, a noi stessi. Nella ballata triste e dolente “Quel matto sono io” un uomo – io, noi, tutti – “…vomita parole da un megafono che resta spento…”. Accompagnati dagli archi di un’orchestra che suona alle loro spalle Giuliano ed Elisa in “Basta così” respirano a pieni polmoni l’aria pulita della libertà e anelano a una unione di anima e pensiero. “Casa 69” è l’impotenza di trattenere il tempo, di trattenere la vita. Mentre “Apollo 11” è una ideale ninna nanna che accusa malinconicamente l’uomo di non avere risparmiato, nella sua furia distruttiva che si nutre sempre più di disperazione e smarrimento, e salvaguardato neppure quel romantico simbolo che è la luna. Neppure l’amore viene risparmiato dalle parole e dalla musica travolgente dei ragazzi pugliesi, per averne un esempio si ascoltino “Londra brucia”, “Senza te” e “Polvere”.
L’impressione finale è di un lavoro ambizioso ma riuscito, di un lavoro vasto e complesso che ha bisogno di ascolti ripetuti per essere apprezzato al meglio in tutte le sue riflessioni, di un lavoro che ha il grande pregio di essere immediatamente riconoscibile come made in Negramaro con la loro consueta urgenza sonora e lessicale. Un lavoro che ha il suo unico punto debole nella eccessiva bulimia, una più misurata tracklist avrebbe meglio giovato alla fruizione del progetto “Casa 69”.
P.S. per non demeritare il quadro di stakanovisti delle sette note dipinto sopra, i Negramaro hanno firmato e sono in uscita anche con la colonna sonora del nuovo film di Michele Placido, “Vallanzasca – Gli angeli del male”, ( “Voglio molto di più”, qui presente, è la title track del lungometraggio) che narra la storia del criminale milanese Renato Vallanzasca, a breve nei cinema.
(Paolo Panzeri)