"Free" esce ad un anno di distanza esatta dal secondo album "Gavin DeGraw". Un disco piacevole, quest'ultimo, ma troppo prodotto e troppo rock per un artista che pur essendo bianco ha una forte anima black.
Bene, dimenticatevi tutto: "Free" riporta Gavin DeGraw alle sue origini, al suono del bell'esordio "Chariot".
La spontaneità in studio è uno dei tanti miti romantici della musica rock: quante volte abbiamo letto sulle note di copertina dei dischi, soprattutto dei live, "no overdubs"? Nel caso di "Free" significa una cosa sola: il suono è meno pulito, più caldo e naturale. Insomma, meno ProTools e meno ripulitura digitale, più spazio ad un impasto dai toni quasi analogici.
Significa anche che DeGraw è più rilassato, con canzoni che mettono in bella vista la sua voce piuttosto che seppellirla in un blocco compatto come succedeva con il disco precedente. Probabilmente manca a questo disco il singolone, alla "Chariot" o alla "Fell in love with a girl", anche se la ballata "Stay" ci si avvicina parecchio. Per il resto: 9 canzoni, una rielaborazione di un brano del disco precedente e una cover di Chris Whitley ("Indian summer"). Potrebbe sembrare pochino, meno di 40 minuti, e solo 7 brani nuovi. Invece "Free" ha tutto quello che ci dovrebbe essere in un buon disco. Bentornato.